Ora siamo tutti più tranquilli. Non si sa bene se e quando avremo una vera città metropolitana, non sappiamo se e quando i cittadini della ex provincia di Milano potranno votare il nuovo «super sindaco», ma sappiamo che nella «Costituzione» il principio della pari opportunità è perfettamente garantito. Come? Mediante l'introduzione, per 80 volte, della parola «sindaca», implacabilmente affiancata alla maschilistica versione in uso da qualche secolo: sindaco. Accade nella bozza del nuovo statuto della città metropolitana, che sarà portato il 1° e il 4 dicembre all'esame della commissione Statuto presieduto dalla democratica presidentessa (o presidenta) Arianna Censi.
Ora, sarebbe facile ironizzare ma la questione è tutt'altro che da sottovalutare. Non solo perché segnala l'invadenza del «politicamente corretto» in ogni aspetto della vita istituzionale e pubblica, ma perché sulla materia si esercitano ormai in molti. Normale che lo studi l'Accademia della Crusca, che - facendo il suo mestiere - garantisce che si debba dire proprio così: sindaca, ma anche architetta, prefetta e ministra. Meno comprensibile è che su questo fronte si impieghino energie, risorse e cartucce di inchiostro pubblico. E invece pare che sia vista come un problema urgente, la declinazione in questa cacofonica forma femminile di parole colpevoli di finire in «o» in una lingua, l'italiano, che non prevede la forma neutra. Ne ha fatto una questione di principio, per esempio, Chiara Bisconti, che sul suo profilo facebook ci tiene a presentarsi come «assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane, Tutela degli animali, Verde, Servizi generali» come correttamente risulta dalla pagina internet del Comune, che tuttavia cade poi sull'indirizzo mail, rimasto all'arcaica forma assessore.bisconti@comune.milano.it. Non sembra molto preoccupata, invece, la vicesindaca, - anzi, il vicesindaco - Ada Lucia De Cesaris, che su ben altri tavoli fa valere il suo peso e non nasconde una certa irritazione per questioni di questo tenore, come probabilmente la collega Carmela Rozza. In effetti, anche scartata la improbabile forma «sindaca» resterebbe comunque irrisolta la disputa fra la forma «il vicesindaco» e «la vicesindaco», e anche l'eventuale presenza dell'apostrofo per una assessore donna.
C'è da arrovellarsi parecchio ma sarebbe una fatica inutile se pensiamo che il centrosinistra sembra propenso a far votare i cittadini fra sei anni, nel 2021. Allora non sarebbe male se una donna del Pd scendesse in campo per sfidare tutti già nel 2016 per conquistare il Palazzo e governare Milano. Invece di costringerci a baloccarci con le parole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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