Scenetta comica, ma non inventata. Fine estate 1998. Pulmanata di giornalisti fino a Milanello per la presentazione di una specie di carta di credito rossonera. Ci sono anch'io, intruso della redazione economica. A un certo punto un tale estraneo al gruppo dice: «E ora l'appello... Abbiati!». «Presente», rispondo, e faccio per avvicinarmi al tale che ha in mano una busta (con dentro la carta di credito, ovviamente). Ma mi si para davanti un marcantonio che ha tutta l'aria di essere uno della sicurezza. «Qui non mi conosce nessuno...», mormora prendendo la busta. Era Christian Abbiati. La distribuzione delle carte era per i giocatori, non per gli ospiti. Incasso la figura di palta senza aprir bocca. Gli scherzi dell'omonimia...
Per fortuna di Christian, qualche mese dopo un'altra figura di palta, davanti a decine di migliaia di persone e alle telecamere, la fa Seba Rossi (il quale a metà ottobre aveva senza colpo ferire soffiato il posto a Jens Lehmann, portieraccio tedesco con le mani di pasta frolla): il 17 gennaio 1999, al 93' di Milan - Perugia abbranca per il collo Nakata, reo di avergli segnato un rigore. Espulso con conseguente omaggio di cinque giornate di libertà. Zac toglie Weah e mette Christian, facendolo esordire in serie A. Ecco perché non lo conosceva nessuno: era il «terzo», prelevato dal Monza. E un girone dopo, a Perugia, che cosa ti va a succedere? Vinciamo come all'andata, 2 a 1, con gli stessi marcatori, Guly, Bierhoff e Nakata (ancora su rigore!).
Solo che, al 93' o giù di lì, Christian, diventato titolare, va a prendere nell'angolo alto alla sua destra, una sassata di Bucchi, che di nome fa Cristian, senza l'«h», perché neppure il Fato può essere preciso alla lettera. Morale: vinciamo il campionato e riprendiamo a macinare titoli in Italia e nel mondo. Fu Christian a far ripartire la giostra, con quella parata alla Ricky Albertosi.
Adesso è uso chiamarli sliding doors. Ma erano e restano colpi di culo. Ciò non toglie che bisogna meritarseli, e Christian l'unico che ha avuto, quel 17 gennaio del '99, se l'è meritato ampiamente. Da primo, da secondo e anche da terzo, come balia di Gigetto Donnarumma, il quale sabato sera piangeva come un bambino quale è, all'addio del Nostro (e questo è un buon segno). Una volta l'hanno persino usato come risarcimento da inoltrare alla Juventus (come si dice sudditanza psicologica in inglese?), quando Kakà fece la bua a una spalla di Buffon in un Trofeo Berlusconi... Poi ci sono stati il Torino e anche l'Atlético Madrid...
Quindici anni di Milan in due tranche, mica male. A memoria mi pare sia il record, per un nostro portiere. Nel calcio il secondo non è come il secondo nella boxe: i pugni li prende lui, mica quello che sale sul ring.
Pensate soltanto a Inter-Milan, semifinale di Champions del 2003: verso la fine Christian butta fuori con un ginocchio un tiro di Kallon, e ci porta a Manchester. Ma chi gioca contro i Gobbi, due settimane dopo? Dida. «Adesso però me la fai vincere!», disse Christian a Baghera la Pantera (cfr Carlo Pellegatti). Of course.
Christian non è stato un fuoriclasse, spesso è stato un fuori campo. Ma è l'ultima anima italiana di un grande Milan a mollare la presa.
E quando i cinesi, che per il momento sono come i Tartari di Buzzati nel ben noto Deserto, li si attende da mesi ma ancora non appaiono all'orizzonte, dovessero presentarsi dal Berlusca con in mano alcune centinaia di milioni belli freschi, qualcuno dovrebbe loro spiegare che il più cinese dei calciatori italiani è stato Christian Abbiati da Abbiategrasso. Si è seduto lungo la linea laterale e ha aspettato, ha aspettato, ha aspettato...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.