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La maxi truffa dei rifiuti rendeva milioni di euro

Dopo un'indagine di tre anni in manette un imprenditore per associazione a delinquere

Oscar Sozzi, dipendente di due ditte lombarde che si occupano di recupero rifiuti, è stato arrestato dalla Polfer di Milano per associazione per delinquere e gestione illecita di rifiuti ferrosi dopo un'attività investigativa durata circa tre anni e coordinata dal giudice per le indagini preliminari Luigi Gargiulo, su richiesta del pubblico ministero Paolo Storari della Direzione distrettuale antimafia (Dda) competente a promuovere l'azione penale per questo tipo di reati. Dalle indagini è emerso infatti che Sozzi - pregiudicato, 42 anni il prossimo luglio, bloccato venerdì a Lecco - svolgeva «movimentazioni» ingenti, addirittura per oltre 50mila tonnellate di rifiuti ferrosi, per un controvalore pari a circa 82 milioni di euro. In particolare il pregiudicato promuoveva e coordinava le attività illecite degli altri membri del gruppo criminale, tre italiani e un tunisino, tutti indagati a piede libero. Le indagini hanno consentito di accertare che, nel tempo, le due aziende dove lavorava Sozzi hanno esercitato l'attività in modo illegittimo poiché ricevevano, sistematicamente, rifiuti di rame e ferrosi. I rifiuti erano acquistati in nero ed erano ceduti ad altre imprese previa falsificazione documentale. Alla fine dell'inchiesta sono 23 le aziende che risultano coinvolte in questo «giro» illecito e 19 le persone denunciate. Nel capo d'imputazione si legge però che Sozzi è ritenuto il «promotore» dell'associazione per delinquere in quanto «amministratore di fatto delle società». Secondo quanto ricostruito, era lui che coordinava l'attività criminale, «individuando i fornitori da cui acquistare in nero i rifiuti" per un totale di 50mila tonnellate, per poi rivenderli a 23 diverse ditte in tutta Italia».

Ma vediamo la vicenda nei dettagli. Sozzi era già stato in carcere per droga e anche per traffico di rifiuti. Una volta uscito, nel 2011, si è accorto che le aziende per cui aveva lavorato prima della detenzione versavano in cattive acque e così ha utilizzato i suoi contatti per ottenere false documentazioni da altre società. Infatti le indagini della Polfer e della Dda sono iniziate nel 2012 proprio controllando il flusso di rifiuti in ingresso e in uscita: il primo era scarso, l'uscita era elevatissima. Ciò ha portato gli investigatori a ipotizzare che il materiale fosse lavorato e poi rivenduto illecitamente. In particolare è possibile che venisse esportato anche in Cina, il maggior importatore al mondo di materiale ferroso. Di sicuro Sozzi aveva contatti in tutta la Lombardia (Monza e Brianza, Lecco) e anche in Sicilia.

Durante le perquisizioni della Polfer è emerso un «pizzino» - così lo ha definito

il dirigente delle polizia ferroviaria Francesco Costanzo - su cui c'era scritto «saldo petto di pollo». Si trattava, in realtà, di un appunto in codice che serviva per non dimenticare di saldare 100mila euro a un'azienda.

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