La realpolitik filocinese del sindaco ha funzionato

Canton val bene una messa? Evidentemente sì. L'accordo fra Milano e la terza città cinese è fatto. Ed è passato giusto un mese dal caso Dalai Lama. Era il 26 giugno quando il leader spirituale - e prima ancora politico - del Tibet, veniva ricevuto in Comune. Non con tutti gli onori a dire il vero. Il discorso in Consiglio fu l'esito di giorni e giorni di polemiche e discussioni, causate da una maldestra gestione del dossier da parte di quello che a sinistra ora qualcuno chiama «l'ufficio complicazioni cose semplici»: Palazzo Marino. Prima ci fu l'annuncio della cittadinanza onoraria, il riconoscimento municipale massimo, benedetto da un incauto Giuliano Pisapia, poi arrivò il dietrofront, a seguito di presunte e mai smentite pressioni cinesi. Il «Dragone» - si disse - non gradisce il riconoscimento al Dalai Lama, e possiede argomenti molto persuasivi nei confronti di Palazzo Marino: la partecipazione a Expo 2015.
La scelta di realpolitik del sindaco fece arrabbiare molti sostenitori, anche noti e affezionati. Perfino un benevolo Dario Fo dovette ammettere il rischio di una «figura di peracottari di provincia», per non citare le perplessità e i rilievi che dall'interno della maggioranza furono indirizzati verso il «ponte di comando» dell'amministrazione comunale. Bene, 30 giorni dopo, ieri il sindaco ha ricevuto a Palazzo Marino una delegazione ad alto livello della città di Guangzhou (Canton).

«Si è trattato - hanno riferito ieri da Palazzo Marino - di un incontro molto cordiale, nel corso del quale è stata ribadita la volontà di rafforzare la cooperazione tra Milano e la terza città cinese (16 milioni di abitanti) destinata a diventare nel 2020 una delle megalopoli della Repubblica popolare. Il sindaco - ha fatto sapere il Comune - ha ricevuto l'invito per una visita ufficiale a Canton». E da parte cinese si è manifestato grande interesse per la «riduzione del traffico» con Area C e per Expo 2015.

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