Per Rimborsopoli «sanatoria politica»: 10 giorni per pagare

La Regione non si costituirà parte civile con consiglieri ed ex che restituiranno i soldi

Una sanatoria o almeno un'ultima chiamata perché si mettano in regola. La giunta Maroni concede dieci giorni di tempo ai consiglieri (ed ex consiglieri) indagati perché rifondano il denaro loro contestato ed evitino così che la Regione si costituisca parte civile. L'ultimo avviso arriva da una delibera di giunta di Palazzo Lombardia, in attesa dell'udienza del primo luglio che riguarda proprio i rimborsi in consiglio regionale. Ma soprattutto Regione Lombardia prevede un'assicurazione di stampo molto garantista: se i consiglieri restituiranno i soldi messi sotto osservazione dalla Corte dei conti, in caso di assoluzione in tribunale, la Regione li rifonderà per quanto hanno ridato.

Una ciambella che sarà lanciata personalmente a tutte le cinquantasette persone, incluse quelle che hanno già restituito i fondi alla Regione. Degli attuali consiglieri, venti hanno già restituito i soldi contestati dalla Corte dei conti, all'appello ne manca uno solo: Luca Ferrazzi, della Lista Maroni. La questione riguarda soprattutto gli ex consiglieri: trenta di loro non hanno ancora provveduto a mettersi in regola e adesso si tratta di vedere se lo faranno entro l'inizio di luglio. L'inchiesta, come si ricorderà, aveva coinvolto esponenti di tutti i partiti, dalla Lega al Pdl fino a Pd e Sel, ma a finire sotto i riflettori erano stati soprattutto Renzo Bossi, il figlio dell'ex leader della Lega, e l'ex consigliera Nicole Minetti, poi coinvolta nelle vicende giudiziarie del caso Ruby.

Spiega il vicepresidente Mario Mantovani: «Ci siamo costituiti parte civile nei confronti dei cinquantasette consiglieri regionali o ex consiglieri regionali, con l'impegno che se entro il primo luglio restituiscono alla Regione quel che la Corte dei conti ha ritenuto sottratto senza titolo, i loro nomi verranno stralciati dai provvedimenti. Se poi saranno assolti, la Regione provvederà a restituire loro i soldi che hanno versato».

Un'altra questione aperta riguarda la riforma della Sanità. Il presidente della Regione, Roberto Maroni, vorrebbe chiudere prima possibile e così spinge sui tecnici scelti dai partiti della maggioranza: l'azzurro Claudio Pedrazzini, il leghista Fabio Rizzi e Angelo Capelli di Ncd. Una velocizzazione e un accentramento che ha causato qualche malumore tra i consiglieri, con il rischio di ritardi nel passaggio in aula della legge, e anche con qualche maretta interna ai partiti, in particolare in Forza Italia ma non solo.

Ieri, durante una riunione del gruppo tecnico, si è arrivati a un primo accordo tra FI, Lega e Udc. Un compromesso sul superassessorato che unisce Salute e Sociale, come accadrà anche in Veneto e in Liguria: sarà previsto per legge, ma con riferimento allo Statuto che agli articoli 25 e 27 stabilisce che il presidente della Regione può comporre gli assessorati nel modo che ritiene migliore e che il numero degli assessorati non può essere limitato. Quanto all'accorpamento delle Ats (le ex Asl) in un'unica struttura, Forza Italia si è rassegnata alla contrarietà degli altri partiti della maggioranza, ma ha chiesto di rivedere gli accorpamenti: in particolare, Lodi sarà legata a Milano e non a Pavia.

Per quel che riguarda i tempi, il capogruppo di Forza Italia, Claudio Pedrazzini, assicura che si andrà in aula per un dibattito aperto: «Stabiliremo le sedute in un confronto con l'opposizione». La riforma della Sanità arriverà in aula il 14, 15 e 16 luglio ma, a causa del bilancio, slitterà almeno a fine luglio.

Resta poi il tema di rivedere le deleghe, in particolare quelle legate al dopo Expo e al nuovo reddito minimo, che andranno definite.

Si tratta di una partita economicamente importante e per questo si è pensato a un assessorato al Sociale inteso in senso stretto. In questo contesto si è ipotizzato un cambio di deleghe per il vicepresidente della Regione, Mario Mantovani.

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