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"Britaly? "Vi piacerebbe...": così il Financial Times asfalta la copertina anti italiana

Un'autorevole firma italiana del Ft risponde all'Economist spiegando perché la fragilità economica di Londra è più grave di quella italiana

"Britaly? "Vi piacerebbe...": così il Financial Times asfalta la copertina anti italiana dell'Economist

Il Financial Times risponde all'Economist sull'ingeneroso paragone "Britaly" della discussa copertina di due giorni fa. E lo fa per mezzo di una delle sue firme più brillanti, quella della nostra connazionale Valentina Romei. Che in un articolo dalla copertina emblematica, che mostra il celebre fallo di Giorgio Chiellini su Bukayo Saka nella finale di Euro 2020, titola You Wish!, "Vi piacerebbe", elenca i motivi per cui la crisi strutturale del Regno Unito non è affatto una presunta retrocessione a livelli italiani, come l'Economist lascia intendere. Anzi: per il Regno Unito essere come l'Italia su diversi fronti sarebbe grasso che cola.

Se l'Economist lasciava intendere che la politica del governo, dimissionario a tempo record, di Liz Truss potesse portare il Regno Unito in una fase di bassa crescita, debito pubblico alle stelle e alta speculazione paragonabile a quella dell'Italia di dieci anni fa, la Romei sul Ft contraddice questa percezione: "Le politiche fiscali del Regno Unito di oggi sarebbero probabilmente più vicine alle scelte fiscali dell'Italia nel 1980, quando i rapidi aumenti della spesa pubblica non erano accompagnati da corrispondenti aumenti delle entrate, con conseguente aumento del debito pubblico". Di fatto la dissolutezza fiscale è più una realtà per il Regno Unito di quanto non lo sia stata per l'Italia negli ultimi vent'anni. L'Economist, già ai tempi del governo Berlusconi IV, criticava la presunta dissolutezza italiana nel gestire la spesa come causa dell'impennata dello spread e dei rendimenti dei Bt che ingrossavano con gli interessi debito pubblico, quando in realtà le fragilità strutturali del Paese e del suo mercato del lavoro erano la vera causa.

Ma l'Italia, ricorda Romei sul Ft, ha un avanzo primario, ovvero una differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli interessi sul debito, positivo da decenni. Questo mentre Londra "ha registrato un disavanzo per la maggior parte di quel periodo. Infatti, senza il pagamento degli interessi sul debito pubblico, l'Italia ha registrato un surplus di bilancio simile a quello della Germania. Ha mostrato molta più frugalità del Regno Unito e della media dei paesi più industrializzati". E oggi "i prezzi dei Gilt britannici sono scesi dopo l'annuncio del primo ministro uscente di ampi tagli fiscali non finanziati. Drastiche inversioni a U su quasi tutte le promesse, un ritorno all'austerità e una defenestrazione rapida da record dell'ex Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng hanno stabilizzato i mercati ma hanno fatto a brandelli la reputazione del Paese" e travolto infine la stessa Truss.

Nel frattempo, mentre Londra pensa a come sarà sostituita la Truss e Boris Johnson valuta il ritorno in campo l'Italia ha visto l'ascesa di una maggioranza stabile guidata da Giorgia Meloni, il cui Ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti non vuole seguire il pericoloso mix tra ultra-liberismo fiscale e spesa in deficit incontrollata che ha travolto Truss.

Inoltre, si sottolinea nell'analisi, come il Regno Unito, l'economia italiana sta lottando con una domanda interna debole. Ma le sue imprese sono esportatori di successo che hanno registrato un surplus di esportazioni di merci negli ultimi decenni. Il Regno Unito sta registrando uno dei maggiori deficit delle partite correnti tra le economie avanzate, aggiungendo incertezze per gli investitori. A ciò si aggiunge il fatto che le famiglie inglesi hanno un debito privato notevole, pari a oltre l'80% del Pil, doppio rispetto a quelle italiane, e questo peggiora l'outlook del Paese, come del resto già sottolineato di recente con il downgrade dell'agenzia Moody's.

Il virale "strangolamento" di Saka da parte di Chiellini nella finale vinta dagli Azzurri a Wembley rappresenta, in un certo senso, l'emblema del riscatto di Roma contro un pregiudizio inglese di superiorità culturale, materiale, politica e sociale rispetto al nostro Paese. Ed è la cornice ideale a questa analisi, che completa quanto ricordato da Inigo Lambertini, neo-ambasciatore a Londra, nella sua comunicazione del 20 ottobre scorso in cui si ricorda che quella del The Economist è una copertina "sfortunatamente ispirata a vecchi stereotipi" e che mal si addice al "secondo Paese manufatturiero in Europa" noto per le sue eccellenze che vanno "dall'aerospazio, alle biotecnologie, dall'automotive al settore farmaceutico". Un Paese non affatto in decadimento strutturale, al netto di ogni difficoltà. Il contrario su quanto, in certi campi, si possa oggigiorno dire del Regno Unito.

Come anche una testata prestigiosa come il Ft sembra confermare affidando l'impietoso confronto tra certi fondamentali del suo Paese e l'Italia a una commentatrice del Belpaese.

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