L'Europa culturale di ieri e l'Unione europea tecnocrate di oggi, due mondi a confronto. Orlando Figes è professore di Storia presso il Birbeck College dell’Università di Londra. È autore di libri di successo come La tragedia di un popolo (vincitore nel 1997 del Wolfson History Prize, del Wh Smith Literary Award, del Longman/History Today Book of the Year Award, del NCR Book Award e del LA Times Book Prize o La danza di Nataša (finalista nel 2003 del Samuel Johnson Priz. Il suo ultimo libro Gli Europei. Tre vite cosmopolite e la costruzione della cultura europea nel XIX secolo (Mondadori), è di estremo interesse perché racconta come nel'800 e fino agli inizi del '900, ben prima dell'avvento dei tecnocrati di Bruxelles, l'Europa cosmopolita, artistica e culturale, fosse già "unita", sebbene questo sentimento riguardasse solo le élite transnazionali. "Il mio obiettivo - ha scritto Figes -è considerare il Vecchio continente come uno spazio di scambi e interazioni culturali capace di superare i confini nazionali e di dare vita a una cultura europea".
Gli europei, riporta la scheda di presentazione, è un viaggio che accompagna il lettore nelle capitali del Vecchio continente, passando dal chiacchiericcio dei teatri londinesi alla boria dei caffè parigini, dagli affollati salotti tedeschi alla scaltrezza degli impresari teatrali milanesi. "In che modo si sia formata la cultura europea è il tema di questo libro, per cui mi propongo di spiegare per quale motivo verso l'anno 1900 in tutto il Vecchio continente si leggevano gli stessi libri, si riproducevano gli stessi dipinti, si suonava in casa la stessa musica, si ascoltavano nelle sale pubbliche gli stessi concerti e si mettevano in scena in tutti i principali teatri le stesse opere" sottolinea lo storico. Insomma, un libro che racconta come si è forgiata, perlomeno tra le élite, la cultura europea, la nostra civiltà.
L'Europa unita delle élite nel libro di Figes
Come spiega Italia Oggi, Gli europei è innanzitutto un libro di storie e, in particolare, di un curioso triangolo amoroso. Come quella della cantante spagnola Pauline Viardot, mezzosoprano e pianista, conosciuta in tutti i salotti europei e del suo amante, il russo Ivan Turgenov o, ancora, del marito della cantante, l'impresario Louis Viardot. "Tre europei viandanti, sempre in movimento tra Vienna, la capitale dell'Europa, Parigi, la città più libertino-edonista del continente, Londra e Baden-Baden, il luogo delle terme e del gioco" scrive Italia Oggi. "Erano cosmopolitici, membri di una élite culturale europea, capaci di vivere ovunque sul suolo europeo, a condizione che non compromettessero i propri principi democratici, senza perdere la propria nazionalità" chiosa lo storico, descrivendo i personaggi descritti nella sua opera; membri di una élite che sentiva di essere parte di una grande "civiltà europea" che va da Parigi a San Pietroburgo passando per Milano.
Un'Europa intesa come "spazio di trasferimenti culturali che attraversavano i confini nazionali", figlia del cristianesimo, del capitalismo e della modernizzazione. Che si è forgiata grazie ai mezzi di trasporto e allo sviluppo delle ferrovie, che favorirono gli spostamenti e gli scambi culturali. Un mondo che però finì drammaticamente con la Prima Guerra Mondiale e che oggi guardiamo forse con un pizzico di nostalgia: ora abbiamo l'Unione europea, che però non è una vera confederazione né tantomeno un'unione politico-culturale. Una struttura dominata da una élite che certamente non è quella degli artisti e letterati descritta da Figes e la cui condotta ha provocato una disaffezione dei popoli europei verso un'organizzazione talvolta incomprensibile agli occhi dei comuni cittadini.
L'europeismo antieuropeo dei tecnocrati
Quella disaffezione sta portando l'Ue verso un incubo che fa paura a molti: la disintegrazione. Come riporta Limes, "potenti tendenze centrifughe scuotono oggi dalle fondamenta l’Unione Europea", oscurando "il solare e ingenuo ottimismo di quanti all’alba del nuovo millennio avevano salutato l’introduzione dell’euro e l’allargamento verso est come l’annuncio di un’Europa ormai geopoliticamente e culturalmente unita". L’Unione, questo si diceva, non solo si stava affacciando sulle grandi questioni di sicurezza e difesa, "ma con l’affermazione della sovranità monetaria su diversi paesi europei aveva raggiunto un monopolio finora riconosciuto solo agli Stati nazionali".
Tuttavia, si trattava di un'illusione. "L’Europa - scrive Limes -di cui si disegnavano futuri luminosi, altro non era che l’ombra di un sogno. Come la crisi permanente dell’euro e la decisione senza precedenti del Regno Unito di abbandonare l’Unione dimostrano ampiamente, la fede di molti accademici e uomini politici nelle magnifiche sorti e progressive dell’integrazione europea era strutturalmente miope. Tendenze centrifughe in Europa hanno cominciato a emergere dopo il 1989, con il crollo del Muro di Berlino, e si sono manifestate pienamente all’inizio del XXI secolo. Profonde divergenze nella percezione delle priorità strategiche, confliggenti interessi nazionali e la tendenza a ripiegare su una lettura settoriale degli eventi sono apparsi negli stessi anni in cui l’Europa perdeva il suo ruolo geopolitico di bastione antisovietico, originariamente assegnatole dagli Stati Uniti, determinando una profonda e irrisolta crisi di senso del progetto d’integrazione".
Come ha spiegato il celebre politologo John J. Mearsheimer in un'intervista rilasciata a InsideOver, l'Unione europea "è nei guai" tanto che la situazione può solo "peggiorare, non migliorare, nel tempo". Parte del problema, osserva Mearsheimer, "è l’euro, che non funziona bene senza l’integrazione fiscale e politica – e questo non accadrà. Un altro aspetto del problema è la libera circolazione dei popoli all’interno dell’Ue, che tende ad alimentare il nazionalismo. La Brexit, ad esempio, è stata causata in buona parte dall’infelicità britannica per il gran numero di europei dell’Est che si erano trasferiti in Gran Bretagna. E se ci sarà un’altra ondata di rifugiati in Europa, ciò causerà enormi problemi. Molti europei ritengono inoltre che i loro Paesi abbiano consegnato troppa autorità o sovranità a Bruxelles, che non è responsabile nei confronti degli elettori nei vari Paesi europei.
In sostanza, esiste un “deficit democratico” che genera ostilità verso l’Ue, specialmente quando non sta andando bene economicamente. Non penso che l’Ue si disintegrerà, ma è in seri guai e non sembrano esserci molte soluzioni praticabili sul tavolo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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