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Libri proibiti e guerra per la scuola: cosa succede davvero negli Usa

In un anno oltre mille libri sono stati rimossi dalle scuole d'America. Tra questi anche Lolita, Peter Pan e le opere di Steinbeck. Ma secondo i sondaggi gli americani sono contrari. Cosa si nasconde davvero dietro alla guerra culturale tra democratici e repubblicani

Libri proibiti e guerra per la scuola: cosa succede davvero negli Usa

In alcune scuole degli Stati Uniti basta poco per perdere il lavoro. È quello che è successo a Summer Boismier, insegnante in un liceo di Norman, sobborgo di Oklahoma City. Boismier è stata costretta a dimettersi dopo aver esposto nella sua classe una lista di volumi dal titolo “Libri che lo Stato non vuole che tu legga”. Una risposta, ha raccontato la professoressa, a una legge del Sooner State che impone limiti agli educatori sugli insegnamenti riguardanti questioni di razza o genere.

Boismier è solo l’ultima insegnante vittima della guerra dei libri che sta infiammando le comunità americane. Da diversi anni nei consigli scolastici delle varie contee che compongono gli Stati Uniti si stanno combattendo aspre battaglie per vietare libri o fumetti nelle scuole. Si tratta di una delle guerre culturali più accese tra quelle che dividono sempre di più la società americana.

Una delle ultime battaglie ha riguardato la città di Keller, in Texas, dove una quarantina di libri sono stati messi al bando nelle scuole, tra i quali un adattamento a fumetti del Diario di Anna Frank. In passato altri libri, come il volume Maus, sono finiti negli indici di qualche distretto. Anche in Florida gli scontri non sono mancati. Tra luglio 2021 e marzo 2022, in otto distretti scolastici del Sunshine State sono finiti all’indice 200 volumi.

Non mancano neanche le fake news. Nelle ultime settimane, sui social ha avuto molto risalto una lista di 25 titoli che la Florida avrebbe bandito da tutte le scuole dello Stato, tra questi anche il libro Il buio oltre la siepe. Peccato che non solo la lista fosse falsa, ma soprattutto che non esistano bandi a livello statale in Florida. In questo scontro, il paradosso più grande è che gli americani, tutti senza distinzione tra democratici e repubblicani, sono contrari a un divieto in senso stretto.

I numeri del fenomeno

Ma quanto è ampio il fenomeno? E perché spiegarlo è più complesso di quanto sembri? Partiamo dalla prima domanda, dai numeri. Diverse associazioni per i diritti civili e la libertà di espressione hanno provato a monitorare messe al bando e tentativi di revisione delle biblioteche scolastiche. Secondo le stime di una di queste, la PEN America, tra il primo luglio 2021 e il 31 marzo di quest’anno i libri proibiti dai distretti scolastici di mezza America sono stati 1.145.

I più attivi su questo fronte sono stati i texani con 713 libri finiti all’indice, seguiti quasi a sorpresa non da uno Stato conservatore del Sud, ma da uno Swing State come la Pennsylvania, che ne ha banditi 456. Gli altri membri dell’Unione si sono mossi in ordine sparso, ma molti Stati conservatori dell’America profonda, come il Mississippi, l’Alabama, la Louisiana o il West Virginia, non hanno preso di mira i libri; mentre in luoghi più democratici, come nello Stato di New York, in Illinois o in Virginia, qualche volume è finito all’indice.

Per Deborah Caldwell-Stone, esponente della American Library Association (l’associazione delle biblioteche americane), nel giro di poco tempo si è passati da 1-2 libri finiti all’indice ogni anno a 5-6 libri posti sotto indagine al giorno. Per Caldwell-Stone il 2015 è l’anno in cui la grande battaglia sui libri è iniziata. Prima di quella data gli scontri tra genitori non mancavano, ma riguardavano per lo più questioni legate all’educazione sessuale o alla religione. A partire da quel momento il dibattito si è spostato sui temi del gender e della razza.

Chi finisce sotto tiro

Nel periodo considerato dal PAM America, tra gli oltre mille volumi banditi, il 41% aveva personaggi principali afroamericani, il 22% si concentrava su temi legati alla razza o al razzismo e il 33% si occupava di temi e personaggi della galassia Lgbtq.

Scorrendo i lunghi elenchi delle associazioni che monitorano i ban, si trovano moltissimi volumi a tema razziale o sull’identità di genere. Anche se in mezzo, ci sono libri di altre categorie, come il Diario di Anna Frank, Maus, V per Vendetta di Alan Moore, Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, Peter Pan di J. M. Barrie, Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, Lolita di Vladimir Nabokov e pure Uomini e topi di John Steinbeck.

Questa guerra dei libri si è inasprita lì dove un tempo c’era poco interesse: i consigli scolastici. Negli Stati Uniti, diversamente che da noi, quasi ogni carica che si trova a maneggiare soldi pubblici è elettiva. È il caso ad esempio dei pubblici ministeri che vengono eletti e che scelgono quali crimini perseguire e quali no. I consigli scolastici non fanno eccezione. Le cariche sono elettive e chiunque nella comunità si può candidare e partecipare alla gestione delle scuole del distretto.

Oggi gruppi di genitori e grandi associazioni genitoriali, come ad esempio Moms for Liberty, hanno lanciato vaste campagne “elettorali” e portato una parte dello scontro in questi consigli. E le vittime sono stati proprio i libri. Gli esponenti di queste associazioni hanno difeso la richiesta di porre un freno ai testi spiegando di voler evitare che bambini e ragazzi entrino in contatto con “contenuti sessuali espliciti”, “linguaggi offensivi”, ma anche la teoria critica della razza, un quadro teorico accademico che afferma come il razzismo negli Stati Uniti sia sistemico e connaturato nelle stesse istituzioni americane.

Uomini e topi
Una scena del film "Uomini e topi" tratto dal romanzo di John Steinbeck

Cosa dicono i sondaggi

Questa “guerra” ai libri può essere letta in modo molto diverso se la si osserva dai sondaggi. Ne bastano pochi per capire come i veri obbiettivi degli scontri nei consigli scolastici non siano i libri. E che anzi i vari volumi messi all’indice sono delle vittime collaterali in un certo senso.

A febbraio un sondaggio di YouGov condotto per Cbs News ha rilevato che l’87% degli americani è contrario alla messa al bando di libri su temi come razza o schiavitù. Un’altra indagine fatta a marzo dall’Hart Reserarch Associates per conto dell’American Library Association ha scopetto che il 71% degli elettori è contrario agli sforzi per rimuovere i libri dalle biblioteche pubbliche. Una terza e ultima rilevazione ha messo in luce che solo il 12% degli americani sostiene la rimozione dalla scuole di libri su “argomenti divisivi”.

Persino se si prova a scorporare i dati in base alle convinzioni politiche i numeri non cambiano di molto. Il 75% dei democratici è contrario agli indici, così come il 70% dei repubblicani. Come si conciliano quindi questi sondaggi con quello che avviene in decine di consigli scolastici? Osservando il tutto dalla prospettiva di come e cosa insegnare ai figli. Su questo gli elettori sono davvero spaccati a metà.

Lo scontro sull’istruzione

Prendiamo la teoria critica sulla razza. Sebbene non esistano programmi specifici di insegnamento nelle scuole medie e superiori (altro discorso ben più complesso riguarda l’istruzione universitaria), il tema divide moltissimo le due Americhe. L’81% dei democratici vedrebbe positivamente l’insegnamento della teoria critica, mentre l’86% dei repubblicani lo vede con un’accezione negativa.

Questo è il sintomo di una divisione più ampia. Interrogati su cosa li preoccupi davvero intorno ai temi della scuola, la maggior parte dei cittadini ha parlato di bullismo, libri proibiti e studenti che mancano gli obbiettivi di apprendimento. Ma se le stesse domande vengono divise per il partito di appartenenza, la forbice si fa enorme.

Il gap principale si nota proprio sul ban del libri: per il 57% dei dem è un rischio che gli studenti corrono, mentre è pericoloso solo per il 28% dei repubblicani. Il 62% degli elettori del Gop teme, invece, che gli studenti vengano indottrinati a idee troppo liberal, contro il 16% dei democratici. E il 36% dei conservatori ha paura che i ragazzi entrino in contatto con testi inappropriati.

Il termometro di questa divisione lo si ha anche sul tema del coinvolgimento dei genitori nelle scelte delle scuole. Il 37% dei repubblicani teme di restare tagliato fuori. Mentre il 16% dei democratici ha detto di aver paura di un eccessivo coinvolgimento nei processi decisionali.

Ecco quindi che i libri finiti all’indice non sono altro che l’ennesimo capitolo di una guerra tra due mondi culturali che faticano sempre di più a parlarsi e a capirsi. Una spaccatura che ha coinvolto la scuola e che anzi l’ha trasformata in un ennesimo campo di battaglia. È probabile che nei prossimi mesi, o anni, la guerra si intensifichi.

L’uso massiccio della didattica a distanza durante le fasi acute della pandemia ha portato sempre più genitori in contatto con la quotidianità della scuola e degli insegnamenti. E molti repubblicani non sembrano essere contenti di cosa (e come) viene insegnato nelle scuole.

Non è un caso che proprio Donald Trump abbia promesso l’abolizione del dipartimento dell’Istruzione nell’eventualità di un suo ritorno alla Casa Bianca.

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