"Stop alle ispezioni". Lo schiaffo di Mosca agli Usa che riapre l'incubo nucleare

La Russia ha sospeso momentaneamente le ispezioni al suo arsenale nucleare come da Trattato Start. Ora anche l'accordo è a rischio. Ecco cosa può succedere

"Stop alle ispezioni". Lo schiaffo di Mosca agli Usa che riapre l'incubo nucleare

La Russia ha reso noto lunedì 8 agosto che per il momento non consentirà le ispezioni al suo arsenale atomico stabilite dal trattato Start sul controllo delle armi nucleari a causa delle restrizioni di viaggio imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Le condizioni di ispezione proposte da Washington hanno creato “vantaggi unilaterali per gli Stati Uniti e privano di fatto la Federazione Russa del diritto di condurre ispezioni sul territorio americano”, ha affermato il ministero degli Esteri di Mosca in una nota, precisando che i voli dei gruppi di ispezione russi non possono raggiungere il territorio statunitense e aggiungendo che Mosca comunque è rimasta pienamente impegnata a rispettare tutte le disposizioni del trattato. Gli Stati Uniti e i loro alleati, tra cui Gran Bretagna e Unione Europea, hanno infatti chiuso il loro spazio aereo agli aerei russi come parte delle sanzioni imposte in risposta alla decisione della Russia di attaccare l'Ucraina a febbraio.

Questa decisione è stata in seguito presa anche dalla Russia, sebbene in modo leggermente diverso: Rosaviatsiya, l'agenzia federale russa per l'aviazione civile, aveva affermato il 28 febbraio che i voli da Paesi soggetti a restrizioni – 36 comprendenti Canada, Usa e Ue – avrebbero potuto ancora atterrare in Russia per circostanze eccezionali, ma previo ottenimento di un'autorizzazione speciale dall'autorità aeronautica o dal ministero degli Esteri. La decisione di sospendere le ispezioni non viola il trattato Start – o New Start – in quanto si tratta solo di una misura temporanea. Il ministero ha osservato che la sospensione sarà revocata “dopo la risoluzione dei problemi in sospeso relativi alla ripresa delle attività ispettive”. Il New Start, entrato in vigore nel 2011 tra Stati Uniti e Russia, limita il numero massimo di testate nucleari di entrambi i Paesi a 1550 insieme a quello dei vettori di consegna (missili balistici intercontinentali, bombardieri e Slbm – Submarine Launched Ballistic Missile) fissati a 700.

Il trattato è stato prorogato di cinque anni nel 2021, come da possibilità dello stesso, ma è necessaria una profonda revisione stante l'ingresso in servizio di nuovi sistemi di consegna rappresentati dalle testate ipersoniche Hgv (Hypersonic Glide Vehicle) e soprattutto dalla fine del Trattato Inf sulle forze nucleari intermedie, che ha aperto la strada al ritorno dei vettori balistici a da crociera a medio raggio come il missile da crociera russo 9M729 (o Ssc-8). Il trattato Start fissa ispezioni regolari tra le due parti per controllarne gli adempimenti e nel 2020 queste sono state sospese a causa della pandemia, ma a maggio 2022 risultava che non fossero ancora riprese. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato lunedì scorso che la sua amministrazione è pronta a negoziare “rapidamente” un nuovo accordo per sostituire il New Start, che come abbiamo visto scadrà nel 2026, se Mosca dimostrerà la propria volontà di riprendere i lavori sul controllo degli armamenti nucleari.

Ma la missione della Russia presso le Nazioni Unite ha affermato che Washington si era ritirata dai colloqui separati con Mosca riguardanti la stabilità strategica sul conflitto in Ucraina, quindi interrompendo anche i canali di comunicazione riguardanti gli arsenali atomici. Il giorno successivo il Cremlino ha affermato che il tempo per negoziare un sostituto del trattato sugli armamenti nucleari stava finendo, mettendo così a rischio la sicurezza globale. Mosca però non sembra realmente intenzionata a “porgere la mano” a Washington: il 3 agosto Aleksej Drobinin, direttore del dipartimento di pianificazione e di politica estera del ministero degli Esteri russo, in un importante articolo pubblicato sul sito della rivista International Affairs, organo ufficiale della diplomazia russa ha affermato che l'era della cooperazione tra Russia e Stati Uniti è definitivamente finita. “Indipendentemente dalla durata e dall’esito dell’operazione militare speciale, si può già affermare che l’era trentennale di cooperazione con l’Occidente – generalmente costruttiva, anche se non priva di problemi – è irrevocabilmente terminata”, ha osservato il diplomatico in un articolo intitolato “Lezioni di storia e immagine del futuro: riflessioni sulla politica estera russa”. Secondo Drobinin, la Federazione Russa ha ora l’opportunità di liberarsi finalmente delle illusioni e andare oltre “il paradigma” dei rapporti amichevoli “riprodotto di volta in volta dai colleghi occidentali dopo il 1992”.

“La Russia è entrata in una fase acuta di confronto con un’alleanza aggressiva di Paesi ostili guidata dagli Stati Uniti. L’obiettivo del nemico è infliggere una sconfitta strategica al nostro Paese, eliminandolo come concorrente geopolitico”, ha sottolineato ancora il diplomatico. Drobinin afferma però che “l’interazione costruttiva con tutti i vicini, compresi quelli della regione euro-atlantica, soddisfa certamente gli interessi russi. Questo obiettivo deve essere perseguito. Ma non a costo di concessioni unilaterali, soprattutto a chi dichiara apertamente che la Russia rappresenta la principale minaccia”.

La sospensione delle ispezioni però è un pessimo segnale che dimostra il clima intransigente delle relazioni tra le due superpotenze nucleari: i viaggi degli ispettori potrebbero continuare a essere svolti sfruttando vettori di Paesi terzi, ma il pragmatismo in questo caso cede il passo all'ideologia. Mosca con questa decisione ha dato un segnale politico molto forte a Washington che lascia trasparire tutta la sua intolleranza verso l'Occidente e al tempo stesso crea una leva diplomatica non indifferente che le permetterà di ottenere altre concessioni. L'era della competizione pragmatica tra Russia e Stati Uniti, che si fa genericamente terminare tra il 2013 e il 2014, è defunta definitivamente? Sembra che sia così e la guerra in Ucraina è stata solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il processo che ha determinato le dure parole di Drobinin è cominciato da tempo, individuato dalla politica di contrasto reciproco e del ritorno della dottrina della deterrenza, ricomparsa sia in Russia sia nella Nato. Se escludiamo la parentesi di possibile cooperazione durante l'amministrazione Trump, i rapporti tra il Cremlino e la Casa Bianca ora, con Biden, si sono delineati in uno scontro che ricorda, per certe dinamiche, i periodi più difficili della Guerra Fredda.

A Mosca il “protivostoyanie zapadu”, il contrasto all'Occidente, ha prevalso sul desiderio di non isolarsi, ora che si guarda alla Cina e agli altri possibili partner mondiali, è il “niet” alle ispezioni Start è solo l'ultimo tassello di questo mosaico. Un tassello però estremamente pericoloso perché potrebbe essere prodromico alla fine del trattato, così come sono finiti gli altri ereditati dalla Guerra Fredda (Cfe, Inf, Open Skies).

Da tempo abbiamo affermato che si è aperta l'epoca “post trattati”, determinata anche dall'assurgere della Cina a potenza militare globale, generando così un contesto internazionale di insicurezza che ci riporta indietro nel tempo, ma se prima della guerra in Ucraina era ancora possibile che ci fosse una qualche volontà di accordo, ora, e finché perdurerà il conflitto, quest'ipotesi è molto remota.

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