Napolitano e Koehler: «Solo un' Europa più forte e unita può uscire dalla crisi»

Vertice al Quirinale tra i capi di Stato di Italia e Germania. La fase più nera della recessione è passata, dicono, «ma ci sono ancora rischi». Per evitare il declino, l'Ue deve applicare il Trattato di Lisbona e accelerare l'unità politica

Il peggio, dicono i due presidenti, è passato. «La fase nera della recessione - spiega Horst Koehler, capo dello Stato tedesco - è superata ma ci sono ancora rischi nei mercati internazionali che possono aggravare la crisi». Ne è convinto pure Giorgio Napolitano, che nel pomeriggio ha ricevuto Koehler al Quirinale: «Solo completando l'integrazione europea- commenta- potremmo metterci davvero in sicurezza».
Al centro del colloquio gli sviluppi della casa comune europea e la situazione economica internazionale. Koehler ha ribadito che «è necessario creare un nuovo ordinamento dei mercati» finanziari che si ispiri ad alcuni principi, come «il rispetto dei risparmiatori senza speculazioni a breve termine e la consapevolezza che l'euro ci ha tutelati da momenti che potevano essere più brutti di quelli che abbiamo vissuto». Il presidente della Germania ha definito il suo collega italiano «un europeo collaudato». L'ho voluto incontrare, ha aggiunto, «in questa che non è una visita di Stato, anche per conoscere meglio la sua esperienza europea» e per «discutere insieme delle prospettive» dell'Europa e della situazione economica. «Dobbiamo essere in grado di evitare crisi in futuro - ha proseguito il presidente tedesco - rafforzando la cultura della stabilità in Ue, adempiendo ai nostri compiti anche con un rigore sui bilanci nazionali».
Dal vertice è uscita una forte dichiarazione d'intenti comune in cui Napolitano e Koehler chiedono la piena e coerente applicazione del nuovo Trattato europeo appena entrato in vigore, che a loro avviso può aprire «una fase nuova», consentire «un balzo» in avanti e scongiurare il rischio di declino dell'Europa come attore globale. L'accento è posto sulla necessità di «rafforzare l'unità europea, la capacità di decisione e di azione dell'Ue».
Nel prendere atto di quanto è stato «lungo e faticoso» il processo di ratifica del Trattato di Lisbona e della assegnazione dei nuovi incarichi al vertice dell'Ue, i due presidenti segnalano l'apertura «di una fase nuova, in un contesto mondiale profondamente cambiato e in piena evoluzione» nel quale l'Europa può «riaffermare» il suo ruolo storico «solo rafforzando la sua unità, la sua capacità di decisione e di azione, rinnovando e rendendo ancor più efficace il suo modello di crescita sostenibile, di progresso sociale, di democrazia della partecipazione e dei diritti».
Basta dunque con i veti incrociati e con le decisioni all'unanimità. «L'Europa - prosegue il documento - può assumere il ruolo di attore globale sulla scena mondiale solo parlando con una voce unica, solo esprimendo una politica estera e di sicurezza comune». Per fare tutto ciò «il primo imperativo consiste nell'impiegare pienamente le nuove possibilità che il Trattato di Lisbona mette a disposizione. L'integrazione deve fare un balzo in avanti. É necessario che si esprima una più forte volontà politica comune». E poi le decisioni devono essere prese a Bruxelles. Serve, si legge ancora, «un esplicito ricorso al metodo comunitario piuttosto che una prassi di accordi intergovernativi, rilanciando il ruolo proprio di ciascuna delle tre principali istituzioni: la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo».
I due presidenti riconoscono che gli orientamenti politici per la nuova Commissione presentati lo scorso settembre dal presidente Barroso «possono costituire la base di un dibattito chiarificatore. In particolare sarà decisivo - aggiungono - «lo sforzo per definire e organizzare il servizio europeo per l'azione esterna». Netta la richiesta di un avanzamento dell'unità politica. «L'effettivo rilancio dell'integrazione europea, la stessa attuazione di politiche comuni già delineate - si legge nella dichiarazione - richiedono più che mai forme di sovranità condivisa, decisioni a maggioranza secondo quel che prevedono e consentono i Trattati vigenti, da ultimo quello di Lisbona, e cooperazioni rafforzate».
L'alternativa a questo «coraggioso rilancio è un grave rischio di declino, di irrilevanza dell'Europa nel mondo di oggi».

L'impegno della Germania e dell'Italia su queste linee «affonda le sue radici nella loro storia di Paesi fondatori dell'Europa comunitaria e può contare sull'ininterrotto sostegno che entrambi hanno assicurato per decenni allo sviluppo della costruzione europea, e su una rinnovata collaborazione di idee e di volontà che, in quanto presidenti della Repubblica tedesca e della Repubblica italiana siamo convinti di poter riaffermare facendo affidamento sui nostri governi e sui nostri parlamenti».

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