La miccia, l'appostamento, la matrice mafiosa: cosa sappiamo dell'attentato a Ranucci

Ordigno artigianale con oltre un chilo di polvere pirica, miccia accesa e una sola telecamera utile a 50 metri. Gli inquirenti al lavoro per ricostruire la preparazione dell’attacco

La miccia, l'appostamento, la matrice mafiosa: cosa sappiamo dell'attentato a Ranucci
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Le prime analisi effettuate dai carabinieri del nucleo investigativo di Frascati, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, indicano che l’esplosivo utilizzato per l'attentato contro il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, fosse artigianale, realizzato con più di un chilo di polvere pirica pressata. L’esplosione, che ha distrutto le auto di famiglia e provocato danni ingenti alla facciata dell'appartamento, è avvenuta circa venti minuti dopo il rientro del giornalista, intorno alle 22.20. I vigili del fuoco e i carabinieri sono intervenuti immediatamente sul posto avviando immediatamente le indagini.

L’ordigno collocato manualmente

Secondo i rilievi approfonditi delle forze dell'ordine, non sarebbe stato presente un timer né un sistema di innesco a distanza. L’ordigno sarebbe stato collocato manualmente e acceso con una miccia, forse mentre l’autore era ancora nei paraggi. Questo elemento spinge gli investigatori a ritenere che si sia trattato di un’azione mirata e pianificata con cura.

Il giallo dell'uomo incappucciato

Un passante avrebbe visto un uomo incappucciato ieri sera a poca distanza dall'abitazione di Ranucci. In base a quanto si apprende, l'uomo avrebbe raccontato agli inquirenti della presenza sospetta. In base ai primi risultati delle indagini, inoltre, non è escluso che chi ha posizionato l'ordigno rudimentale abbia seguito gli spostamenti del giornalista e il percorso seguito per rientrare nella villetta. Nelle vicinanze dell'abitazione è stata trovata una auto rubata.

Un’unica telecamera e nessuna protezione esterna

Il tratto di strada dove si trova l’abitazione di Ranucci non è coperto da sistemi di videosorveglianza. L’unica telecamera disponibile è installata a circa 50 metri di distanza, su un semaforo pedonale, e potrebbe aver ripreso in campo lungo la villetta e chi si è avvicinato per collocare la bomba. Gli inquirenti stanno esaminando le immagini per capire se sia visibile l’autore dell’attentato o un mezzo sospetto. Non risultano telecamere né sulle recinzioni delle villette adiacenti né lungo il marciapiede.

L’ipotesi dell’appostamento

Chi indaga sta verificando se chi ha piazzato l’ordigno avesse effettuato sopralluoghi nei giorni precedenti, studiando gli orari e le abitudini del giornalista e della famiglia. L’ipotesi più accreditata è che l’autore abbia atteso un momento favorevole, forse dopo l’allontanamento della scorta personale di Ranucci, che lo accompagna solo fuori dall’abitazione. Il cancello della villetta, alto meno di due metri e direttamente affacciato sulla strada, ha reso l’accesso relativamente semplice.

Le indagini e le piste aperte

Il fascicolo è stato affidato ai pm della Dda di Roma, con il coordinamento del procuratore Francesco Lo Voi e del sostituto Carlo Villani. I carabinieri stanno confrontando la composizione dell’ordigno con quella di altri dispositivi esplosivi usati recentemente nel litorale romano, tra Ostia, Acilia, Dragona e Aprilia, zone dove si sono verificati episodi riconducibili alla criminalità organizzata locale. Le analisi scientifiche sui residui esplosivi potrebbero stabilire se vi sia una mano comune o un modus operandi già noto alle forze dell’ordine.

Il possibile movente: intimidazione legata al lavoro giornalistico

Il movente più plausibile rimane quello intimidatorio, legato all’attività professionale di Ranucci. Il conduttore di Report è noto per le sue inchieste su corruzione, malaffare politico e rapporti tra Stato e criminalità, temi che negli anni gli hanno attirato minacce e campagne denigratorie. In passato, il giornalista ha ricevuto proiettili calibro 38 come segnale di avvertimento. Già da tempo è sottoposto a misure di protezione, ma l’attentato di Pomezia rappresenta un salto di qualità nelle minacce subite: un’azione potenzialmente letale, condotta con modalità tipiche dell’intimidazione mafiosa.

Solidarietà e reazioni istituzionali

L’attacco ha suscitato immediata condanna dal mondo politico e giornalistico. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso "ferma riprovazione per l’atto intimidatorio", richiamando la necessità di difendere la libertà di stampa. La premier Giorgia Meloni ha definito l’esplosione "un gesto vile e gravissimo" e ha ribadito che"nessuna minaccia potrà zittire chi cerca la verità". Anche la Rai ha manifestato solidarietà, riaffermando il proprio sostegno a Ranucci e a tutto il giornalismo d’inchiesta.

Un segnale d’allarme per la libertà di stampa

L’attentato contro Sigfrido Ranucci segna un nuovo punto di allarme per la libertà di informazione in Italia.

Non si tratta più di minacce verbali o lettere anonime, ma di un’azione violenta e potenzialmente omicida contro un giornalista impegnato nel racconto dei poteri oscuri del Paese. Le prossime ore saranno cruciali per chiarire la matrice dell’attacco e individuare i responsabili. Ma il messaggio intimidatorio è già evidente: colpire chi racconta, per intimorire chi ascolta.

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