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"C'è qualcosa di sistematico su quelle sparizioni". Cosa pensa il magistrato del caso Orlandi

In un'intervista, l'ex magistrato del caso Orlandi - Giancarlo Capaldo - dice la sua riguardo la lista che elenca le ragazze minorenni scomparse da Roma a cavallo tra il 1982 e il 1983

"C'è qualcosa di sistematico su quelle sparizioni". Cosa pensa il magistrato del caso Orlandi

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Nell’ambito dell’inchiesta che ilgiornale.it sta portando avanti per fare luce su un’inquietante serie di sparizioni che – nell’estate del 1983, nello stesso periodo in cui sono scomparse Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi – ha visto protagoniste 19 ragazze tutte residenti a Roma e tutte di età compresa tra i 15 e i 18 anni, ci siamo rivolti all’unica persona che, in diverse occasioni pubbliche, ha fatto cenno a questa storia dimenticata: l’ex magistrato Giancarlo Capaldo.

Una storia dimenticata perché in effetti di queste ragazze, i cui nomi compaiono in un documento molto più ampio, che conta le sparizioni di minorenni sul suolo romano a partire dal 1982, non si sa più nulla. Ad oggi non sappiamo se siano state nel frattempo ritrovate o se invece siano realmente svanite nel nulla.

I loro nomi non sono mai balzati agli onori delle cronache, ma restano fissati su quella lista redatta nel settembre del 1983 dalla questura di Roma che, sollecitata dal clamore suscitato in particolare dalla scomparsa della Orlandi, pensò fosse utile ampliare il raggio dell’inchiesta. Peccato che poi, almeno da ciò che siamo riusciti a sapere, il tutto si sia fermato a quella prima iniziativa.

Giancarlo Capaldo, che oggi si dedica alla scrittura di romanzi noir, si è occupato del caso Orlandi dal 2008 al 2015, quando le indagini gli furono tolte dall’allora procuratore capo di Roma e oggi presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone. Sulla genesi di questa lista, cui più volte ha fatto riferimento nell’ambito di dibattiti pubblici, e che sembra sia stata richiesta dall’allora procuratore della Repubblica di Roma Domenico Sica, non ha saputo darci una risposta chiara: “Non ricordo chi l’abbia acquisita, comunque dagli atti che io ho visto, ossia quelli relativi al processo di Emanuela Orlandi, non si sono svolte indagini su nessuna di queste ragazze. Ma facciamo un passo indietro – aggiunge il dott. Capaldo - Il fenomeno delle persone che scompaiono è endemico nella nostra società: numerose sono le persone che fanno perdere le proprie tracce e numerosi sono anche i motivi delle scomparse; molte persone vengono poi ritrovate, mentre altre svaniscono nel nulla. Quello che io ho cercato di sottolineare in questi ultimi tempi è che non si dà, in linea generale, una grande importanza a questo fenomeno, che dovrebbe essere investigato differentemente e con un altro tipo di attenzione; in particolare, in quel momento storico, mi pare di poter cogliere dai dati che questo [il dato delle persone scomparse, ndr] fosse un fenomeno particolarmente accentuato perché si riferiva molto a ragazze adolescenti o poco più che adolescenti”.

Ed è proprio questo il punto: in un periodo – quello della prima metà degli anni Ottanta – in cui si parlava di organizzazioni dedite alla cosiddetta “tratta delle bianche”, appare quanto meno singolare che non siano stati fatti ulteriori approfondimenti per chiarire la natura delle sparizioni segnalate nel documento. L’ex magistrato del caso Orlandi ci conferma a proposito che non gli risulta nemmeno vi sia stata una delega a qualche magistrato per svolgere indagini a riguardo. E il tutto diventa ancora più inquietante stando a quella che è la sua convinzione:

“C’era sicuramente qualcosa di sistematico [dietro queste sparizioni, ndr], cosa fosse credo che non sia mai stato indagato, in quel periodo io non ero in procura, quindi non so di preciso la procura cosa abbia fatto, non mi consta che ci siano stati procedimenti (ma potrebbero esserci stati) che riguardavano queste scomparse. Ricordo che sul piano giornalistico molte di queste scomparse venivano attribuite a una sorta di organizzazioni internazionali coinvolte nella tratta delle bianche, cioè una tratta di ragazzine bianche che venivano rapite e portate in paesi lontani, ad esempio paesi arabi o altri, per poter poi essere quasi vendute e trattate come schiave. Era una delle dicerie e delle soluzioni che si cercò di dare giornalisticamente in quei tempi a questo fenomeno”. Insomma, se quella della “tratta delle bianche” è una leggenda nera, resta il dato di fatto: quell’elenco che pesa come un macigno.

“È importante sottolineare che [quello delle scomparse, ndr] è un fenomeno costante nel tempo – sottolinea Capaldo - ma in quel momento storico particolarmente accentuato e che non è stato affrontato processualmente e giudiziariamente, secondo me, in modo adeguato”.

Abbiamo allora domandato a Giancarlo Capaldo se, nell’ambito del lavoro da lui svolto alla procura di Roma riguardante la sparizione di Emanuela Orlandi, si sia mai occupato personalmente di questo filone d’indagine: “Quando mi sono occupato del caso Orlandi è stato all’indomani delle dichiarazioni della Minardi [Sabina Minardi, ex compagna del boss Renato De Pedis, ndr] e della purtroppo criminale pubblicizzazione di queste dichiarazioni, che ha mandato a monte una serie di indagini che potevano essere espletate. Quindi io mi sono occupato delle indagini in quel momento storico, in cui l’attenzione era ovviamente per il caso Orlandi e per quello di Mirella Gregori, due ragazze che sono state sempre un po’ accomunate, al di là della citazione congiunta che fece papa Giovanni Paolo II in uno dei suoi appelli, ma anche nell’immaginario collettivo, e giornalisticamente, perché erano due ragazzine adolescenti, sui 15 anni, tutte e due romane, tutte e due sparite in tempo ravvicinato (7 maggio 1983 la Gregori, 22 giugno 1983 la Orlandi). È chiaro che il collegamento veniva fatto istintivamente, non giudiziariamente e dal punto di vista investigativo, perché sono due vicende che sono state sviluppate poi da giudici diversi, tutte e due in modo approfondito. Sulle altre ragazze [quelle della lista, ndr] Io ho un’idea investigativa che non ho mai potuto controllare e riscontrare perché non ho mai avuto la delega a poter fare un’indagine su questo argomento, perché in procura le indagini si fanno con la delega che il procuratore dà al magistrato di fare le indagini. La delega che ho avuto nel 2008 era per Emanuela Orlandi”.

Un’idea investigativa, dunque, mai battuta. Ma che varrebbe la pena di riprendere in mano ancora oggi: “Secondo me sono indagini che, ovviamente con le difficoltà del caso - perché sono passati circa 40 anni - andrebbero pur sempre fatte per riuscire forse a comprendere meglio quello che è avvenuto anche a Mirella Gregori e Emanuela Orlandi”.

Accogliamo quello che sembra un invito dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo.

Non ci illudiamo di far luce su due dei principali cold case italiani, ma forse riusciremo a fare qualcosa di buono per delle famiglie che da 40 anni vivono il limbo del silenzio.

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