"Ho una casa per accogliervi tutti". Cosa sono le "safe house" dei migranti scoperte dalla polizia

L'indagine condotta dalla procura di Milano ha permesso di sopprimere un'organizzazione di egiziani che operava tra Italia, Grecia e Libia utilizando le "safe house" per nascondere i migranti in attesa della partenza

Una "safe house" in Tunisia
Una "safe house" in Tunisia
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La Polizia di Stato, in collaborazione con Europol, ha smantellato un sodalizio criminale attivo tra l'Italia, la Grecia e il Nord Africa, dedito al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono stati in tutto 10 gli arresti di egiziani effettuati tra Milano, Palermo e altre città del Paese ma quest'indagine non ha solamente il merito di aver interrotto, almeno su questa linea, la tratta dei migranti, perché ha portato alla luce anche alcuni dettagli di come operano i trafficanti sulla sponda opposta del Mediterraneo, per esempio l'utilizzo delle "safe house", case di appoggio per i migranti fornite dai trafficanti, fulcro per la buona riuscita del trasferimento illegale.

Il Giornale ha svolto un'inchiesta giornalistica di questo tipo in passato, raccolta nel libro "L'invasione - Il lato oscuro del traffico di uomini sulla sponda opposta del Mediterraneo", portando alla luce alcune delle consuetudini che sono poi state verificate dall'indagine giudiziaria che si è appena conclusa e che è durata oltre un anno, dal luglio 2023 a oggi.

Nello specifico, come si spiega bene nel libro, noi in quello stesso periodo siamo riusciti a infiltrarci nelle conversazioni e nelle chat dei trafficanti e dei migranti in Tunisia e in Libia, scoprendo, per esempio, le cosiddette "safe house", che di sicuro, in realtà, non hanno niente. Si tratta di case che vengono prese in affitto, o addirittura comprate, dai trafficanti nei pressi della costa da cui solitamente partono i "convogli", così come vengono chiamati i barchini dalle organizzazioni che operano nel "settore". Sono fondamentali per raggruppare e nascondere i migranti in zone vicine alla costa, da cui possono facilmente raggiungere il punto di partenza.

Si tratta di case piccole, spesso malandate, che riescono a ospitare decine di persone per volta, a volte per qualche giorno, ma non è raro che in queste case i migranti restino anche per delle settimane in attesa del momento buono per lasciare l'Africa in direzione dell'Europa. Qui, il trafficante o i suoi galoppini, non esitano a violentare le donne che si affidano a loro per arrivare illegalmente in Italia e abbiamo anche assistito a conversazioni in cui i mariti imploravano il trafficante di non esigere il dovuto tramite violenza. E nella stessa conversazione c'era anche chi non esitava a giustificare l'eventuale stupro perché, d'altronde, "lui è uomo ed è fatto di carne".

Durante l'inchiesta giornalistica, fingendoci subsahariani desiderosi di prendere il mare per arrivare in Europa, riuscimmo ad avvicinare diversi esponenti di varie organizzazioni, che spingevano per convincerci a unirci a loro per la partenza. Nicky, uno di loro, uno dei "manovali" dell'organizzazione, ci disse: "All'inizio verresti a casa mia in attesa che il tempo sia favorevole per il lancio, poi andremo al villaggio. Qui sarai sistemato in una casa in buone condizioni per circa due giorni e poi andrai all'imbarco con uno di noi per la partenza".

Ma nel viaggio nel cuore delle organizzazioni riuscimmo a prendere contatti anche con uno dei più attivi trafficanti, uno dei capi, che operava in Tunisia, che ci offrì lo stesso tipo di servizio: "Se vorrai partire con me per il prossimo movimento in direzione dell'Italia vieni a Susa (Tunisia, ndr). Lì ho affittato una casa per accogliervi tutti".

Una delle organizzazioni che usano questo sistema è stata smantellata dalla polizia ma chissà quante ancora ce ne sono e ce ne saranno che continuano a operare in questo modo. In questo contesto si incastrano le misure di Giorgia Meloni, orientate a fermare i traffici all'origine grazie alle collaborazioni internazionali.

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