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I soldi, la partenza e il naufragio: ecco quanto hanno pagato i migranti agli scafisti

Secondo quanto ricostruito dalla procura di Crotone, ogni migrante ha pagato 8mila euro agli scafisti per partire dalla Turchia col peschereccio

I soldi, la partenza e il naufragio: ecco quanto hanno pagato i migranti agli scafisti

Più passa il tempo più emergono nuovi dettagli sul naufragio di Cutro, in Calabria. A palese smentita delle polemiche strumentali sollevate dalla sinistra fin dalle ore successive alla tragedia, quando le opposizioni hanno tentato di addossare le responsabilità dei morti al governo, la procura di Crotone è stata chiara: si indaga sul naufragio, non sui soccorsi. Il lavoro svolto dagli inquirenti fin dall'immediato è gravoso. A loro il compito di ricostruire cosa è accaduto dalla partenza in Turchia allo scontro sugli scogli e anche dopo. L'ascolto dei testimoni, ossia i sopravvissuti alla tragedia, sta fornendo importanti indicazioni alla procura.

Le indagini sono affidate alla polizia e ai carabinieri, oltre che ai finanzieri della sezione operativa navale. In 24 ore, le nostre forze dell'ordine hanno individuato gli scafisti, o parte di essi, responsabili dell'attraversamento criminale che ha causato la morte di decine di persone. Si tratta di tre uomini che avrebbero organizzato la partenza del peschereccio dalla Turchia con l'aggravante di averlo fatto in condizioni meteomarine proibitive. Nel comunicato diramato dalla procura si individuano un cittadino turco e due pachistani come scafisti, che avrebbero chiesto a ogni migrante una quota di partecipazione pari a 8mila euro.

I superstiti hanno raccontato che "circa 4 ore prima dell'urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un'ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati". Ma a quel punto, raccontano ancora i migranti, "il motore ha iniziato a fare fumo, c'era tanto fumo e puzza di olio bruciato". Inevitabile che il panico si diffondesse tra i clandestini stipati a bordo del peschereccio, che hanno cercato una via di fuga salendo in coperta per respirare. E così, uno dei superstiti racconta: "Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l'acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere sotto c'erano circa 120 persone tra donne e bambini".

Stando a quanto riferito dai presenti, vedendo che la situazione era ormai irrecuperabile e che il danno era irreparabile, "il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato di mettere in salvo mio nipote".

Quindi, almeno stando a questa testimonianza, ci sarebbero almeno quattro scafisti, di cui uno ancora irreperibile e riconoscibile da un tatuaggio sullo zigomo.

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