
Orecchini, testa quasi rasata, una camicia a minuscoli quadretti e lo sguardo meno spavaldo di qualche mese fa. Non ha battuto ciglio ieri mattina Alessandro Impagnatiello, 32 anni, quando dopo quasi tre ore di camera di consiglio i giudici della Corte d'Assise di Appello hanno confermato per lui la condanna all'ergastolo per l'omicidio della convivente Giulia Tramontano. L'ex barman la assassinò con 37 coltellate il 27 maggio di due anni fa nella loro abitazione a Senago, mentre la donna, 29enne, era incinta di sette mesi del loro bimbo. I giudici, oltre alla condanna a vita, hanno confermato per il giovane uomo le aggravanti del rapporto di convivenza e della crudeltà, escludendo però la premeditazione. Un punto questo su cui puntava fortemente l'avvocato dell'assassino, Giulia Geradini, che ieri con il suo intervento mirava a far ottenere a Impagnatiello 30 anni in appello, senza però riuscirci.
Mentre il padre di Giulia, Franco, prima di entrare in aula a fianco della moglie Loredana, ha confidato a La Repubblica: "Vivo solo perché Impagnatiello abbia una pena adeguata", sull'esclusione da parte dei giudici della premeditazione ha avuto parecchio da ridire Chiara Tramontano, 28 anni, sorella minore di Giulia. Che subito dopo la sentenza ha riservato tutta la sua rabbia e la sua disperazione su Instagram. "Vergogna. La chiamano Legge, ma si legge disgusto. L'ha avvelenata per sei mesi. Ha cercato su Internet quanto veleno serve per uccidere una donna poi l'ha uccisa.
Per lo Stato, supremo legislatore, non è premeditazione. Vergogna a una legge che chiude gli occhi davanti alla verità e uccide due volte. E smettetela di portare gli assassini ai banchi. Sono assassini. Vanno in cella. Nessuno li vuole liberi, inquinano".