«È unoccasione, serve chiarezza di intenti». Da Ponte Lambro allExpo. Per larchitetto Maurizio De Caro, il passo è breve.
Milano ha vinto lExpo. Cè anche un modo per perderlo?
«Milano ha vinto con un grande progetto che ha convinto il mondo. Ma lExpo si può anche perdere. E lo si perde come stiamo facendo, con contrasti secondari. Dimentichiamoci i problemi sulle strutture. Parliamo di contenuti».
Si sta perdendo tempo?
«LExpo deve essere un momento produttivo. Allora mi piacerebbe capire chi è a favore e chi contro. Ho sentito dire che alcuni radical chic vogliono andarsene in barca a vela lontani da questo disastro per almeno sei mesi. Ecco, non sentiremo la loro mancanza. Ora vorrei sapere chi sta da questa parte e ha voglia di partecipare e chi invece si limita a guardarlo con distacco e con un certo disprezzo intellettuale».
Si discute ancora di stipendi...
«Appunto. LExpo non può diventare il rimpallo tra maggioranza e opposizione su uno stipendio. Ripeto, dobbiamo parlare di contenuti. Noi architetti siamo disponibili a dare tutte le indicazioni affinché questa città torni ad avere la una centralità culturale in europa e nel mondo».
Quali contenuti, allora?
«Il nuovo pgt che lamministrazione sta sviluppando è molto stimolante, perché non lavora sul tema della centralità, ma prevede diversi centri tutti di qualità architettonica e tutti strettamente collegati al miglioramento della qualità della vita e dei servizi».
La città esce da un torpore architettonico lungo trentanni.
«È mancata una visione che esisteva fino alla fine degli anni Settanta. Dagli anni Ottanta si è andati avanti per moltissime varianti. Ora deve imporsi il tema della visione».
E sta accadendo?
«Il lavoro che stanno facendo gli uffici comunali è di grande qualità. Milano si è sviluppata tantissima negli ultimi dieci anni, ma per parti contrastanti, non cera unidea globale come altre città europee. Vorrei che quando si parla di Milano si parlasse della futura capitale dellarchitettura».
Gli architetti sono allaltezza?
«Milano ha una cultura dellarchitettura molto profonda. Non è il problema del talento, ma non sempre i migliori talenti hanno avuto la possibilità di esprimersi. E questo dipende dallinteresse che unamministrazione mostra per una cultura del bello».
E ora cè spazio per il talento?
«Ora cè la possibilità di dare spazio a chi è in grado di esprimere qualità progettuale. O, quanto meno, di confrontarsi alla pari».
Si fa un gran parlare grattacieli.
«Larchitettura in quanto tale sta diventando più importante della pianificazione. Pensiamo a City Life, dove si interviene con un oggetto che annulla la pianificazione. Larchitettura non può diventare mero gesto artistico».
Dunque, si parla tanto ma si parla male?
«Dico che ad oggi non ho sentito nulla sui contenuti. Dobbiamo partire dal concetto di nutrimento morale e culturale. LExpo non è una passerella, è il momento in cui il mondo sceglie i migliori talenti per costruire una grande vetrina dellarchitettura. Ospitare lExpo è come fare le olimpiadi. Guardiamo a cosa ha fatto Torino con le olimpiadi invernali. Si è trasformata completamente. Ora tocca a noi. Ma il tempo stringe».
Meno sei al 2015.
«Nel 2015 Milano deve essere una città completamente diversa da quello che è oggi. Meno conflittuale, meno legata a piccoli interessi di bottega. Dobbiamo dare a Milano unidentità forte. Solo così la città avrà vinto la sua scommessa, ma soprattutto lavrà vinta il Paese».
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