Cinquanta anni nel nome della libertà, anche dall'intelligenza artificiale

Cinquanta anni nel nome della libertà, anche dall'intelligenza artificiale
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Lo dicono tutti e non c’è alcun dubbio: l’intelligenza artificiale non è solo la più grande sfida del futuro, ma del quotidiano. Quotidiano inteso come vita di tutti i giorni - l’Ia è già in mezzo a noi anche quando non la vediamo - e anche come mezzo di informazione, cioè quel supporto, cartaceo o digitale, che in questo preciso istante avete davanti agli occhi. Nel 1974 - quando è nato il nostro Giornale - l’Ia non esisteva. O meglio: qualcuno - una manciata di visionari dispersi negli atenei degli Stati Uniti - da almeno una decina anni aveva iniziato a sognarla. Qualcun altro l’aveva trasformata in un incubo distopico da bestseller, con risultati spaventosi e sorprendenti. Ma era materia che atteneva al fantascientifico e all’onirico, non certo al reale. Tuttavia, ieri come oggi, esisteva una stupidità umana nella quale germogliava un pericoloso conformismo che è sopravvissuto a tutti i cambiamenti politici e a qualsivoglia rivoluzione tecnologica. E, ieri come oggi, questo quotidiano ha fatto da potente argine ad ogni forma di egemonia culturale, a partire da quella odiosa sciatteria intellettuale che solo anni dopo sarebbe stata battezzata come politicamente corretto.

La libertà di pensiero e critica e la qualità dell’informazione non possono essere sconfitte da alcun algoritmo o rimpiazzate da alcuna intelligenza artificiale. È il nostro dna a renderci non sostituibili con le macchine, anche le più sofisticate.
Per questo, oggi come ieri, sempre con lo stesso spirito, guardiamo senza paura alle sfide del domani.

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