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Cucina romagnola: dalla piadina ai cascioni. Cosa provare

La cucina romagnola vanta una tradizione secolare: dalla piadina al crescione passando per le paste ripiene. Ecco cosa assaggiare in Romagna

Cucina romagnola: dalla piadina ai cascioni. Cosa provare

Piadine, cascioni e spianate. Ma anche minestre, paste ripiene e dolci da credenza: la cucina romagnola è uno dei fiori all'occhiello della tradizione culinaria italiana. Di origini antichissime, ha resistito alla ristorazione gourmet e ai trend esterofili degli ultimi decenni puntando sulla semplicità di sapori genuini.

Pietanze "a tutto pasto"e autentiche ghiottonerie a cui è davvero impossibile resistere: ecco cosa provare.

Eccellenze e piatti tipici della Romagna

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Quando parliamo di cucina romagnola ci riferiamo a una tradizione che comprende non solo le "città di Riviera" ma un' ampia porzione della Romagna storica includendo, quindi, il Ravennate, la provincia di Forlì e Cesena, l'Imolese e il Basso Ferrarese.

Per questo motivo, la varietà di prodotti locali e piatti tipici vanta un'ampia selezione di eccellenze. Basti pensare che la "mora romagnola", una razza suina autoctona da cui si ricavano salumi di pregio (coppa, salame e prosciutto), è diventata presidio slow food nel 2010. Lo stesso si dica per lo scalogno di Romagna che nel 1997 ha ottenuto il marchio IGP a riconoscimento del suo sapore esclusivo.

Quanto ai piatti tipici della Romagna, la proposta è a dir poco ghiotta e variegata. Se nel Cesenate i cappelletti trionfano nelle vetrine dei pastifici, a Ravenna spopolano gli ùrcion, ovvero, grossi ravioli a forma di mezzaluna ripieni di formaggio tenero ed erbe spontanee.

Nell'entroterra, invece, è possibile gustare preparazioni a base di maiale come i bruciatini di pancetta all'aceto o la salsiccia con il frizon. Non mancano poi pietanze con il castrato, un esemplare maschio di pecora utilizzato per la preparazione di sughi e ragù saporiti.

Infine, nelle località di Riviera, ci si può deliziare con un piatto di sardoncelli marinati o con una manciata di bianchetti fritti, il pregiatissimo novellame di pesce azzurro dell'Adriatico.

Dalla piadina ai cascioni: lo street food romagnolo

Tra le specialità della cucina romagnola vi sono soprattutto la piadina e il cascione. Si tratta di due golosissime varietà del cosiddetto "pane da passeggio", una ghiottoneria che per la sua manegevolezza può essere consumata comodamente in piedi o camminando.

La piadina

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Se il cioccolato è "il cibo degli dei", la piadina lo è per i comuni mortali. Regina incotrastata dello street food da Riviera, la piada - piè, pieda o pida, a seconda del luogo - è originaria della provincia di Forlì-Cesena e del Ravennate.

La ricetta tradizionale prevede un impasto base con acqua, sale, bicarbonato e strutto. Tuttavia, le varianti faentina e imolese includono anche il latte e il lievito di birra. Quanto alla circonferenza del disco di pasta, invece, bisogna fare un netto distinguo tra la piadina Romagnola e quella Riminese (sono entrambe a marchio registrato). La prima, spessa e friabile, può avere un diametro variabile tra i 15 e i 23 cm; la seconda - dalla consistenza più morbida - è larga più o meno 30 centimetri.

Per la cottura si utilizza il "testo", una teglia piatta (in ghisa o terracotta) arroventata sul fuoco per qualche minuto. La piada sarà pronta quando sulla superficie di ambo i lati si formeranno delle piccole chiazze difformi di colore bruno.

La farcitura classica prevede una cucchiaiata abbondante di squacquerone (un formaggio a pasta molle simile allo stracchino) e del prosciutto crudo locale ma nulla vieta di sperimentare altre combo di sapori. Insomma, c'è solo da sbizzarrirsi.

Il crescione

mezzaluna

Un'altra specialità romagnola degna di nota è il "crescione" o "cassone". L'impasto base è quello della piadina e anche le modalità di preparazione sono le stesse. La differenza sta nella forma "a mezzaluna": Il crescione è ripiegato a metà, sigillato sui bordi (prima della cottura) con i rebbi della forchetta o con una piccola speronella.

Si tratta dunque di un scrigno di "pasta matta" (è così che la definisce il gastronomo Pellegrino Artusi) che racchiude all'interno un ripieno dal cuore morbido e goloso. Generalmente la farcia è composta da formaggio fresco ed erbe spontanee anche se la ricetta classica prevede l'utilizzo delle foglie di papavero (rosolacci). Anche in questo caso, però, non esiste un disciplinare.

Anzi, la regola (non scritta) vuole che col ripieno sia bene abbondare: più ce n'è e meglio è.

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