"Pazzo", ma molto scienziato: i segreti del dottor Frankenstein

Un saggio racconta il retroterra di scoperte, invenzioni e progressi alla base della creatura di Mary Shelley

"Pazzo", ma molto scienziato: i segreti del dottor Frankenstein
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"L'evento su cui si basa questa storia immaginaria è stato ritenuto dal dottor Darwin e da alcuni scrittori di fisiologia tedeschi non impossibile" scrive Percy Bysshe Shelley nella prefazione a un romanzo che esce, anonimo, all'inizio del 1818, per l'editore Lackington, Hughes, Harding, Mavor & Jones. Si intitola Frankestein o Il moderno Prometeo e l'autrice è Mary, che fra l'altro è sua moglie ma è anche la figlia di Mary Wollstonecraft e William Godwin, due personalità di spicco del mondo radicale londinese. Il Darwin di cui parla Shelley non è Charles bensì Erasmus, il nonno, naturalista e ideatore di una specie di teoria evoluzionistica ante litteram (poi dicono la genetica), oltre che studioso del processo detto di "generazione", ovvero quella che oggi chiameremmo l'origine della vita. Quanto agli scrittori di fisiologia tedeschi, i nomi più probabili potrebbero essere quelli di Johann Wilhelm Ritter, filosofo naturale che si appassionò alla questione dell'elettricità, compiendo numerosi esperimenti sulle rane e su sé stesso (morì a trentatré anni), di Christoff Heinrich Pfaff, chimico, medico e fisico tedesco-olandese e grande sostenitore di Alessandro Volta nella disputa con Luigi Galvani sull'origine dell'elettricità, e di Alexander von Humboldt, il tedesco che fu praticamente tutto, naturalista, esploratore, botanico, geografo, filosofo, entomologo, zoologo...

Insomma se la storia di Victor Frankenstein e della sua creatura mostruosa è "immaginaria", come sottolinea Shelley, il contorno è tutt'altro che campato per aria, o frutto solamente della fantasia di Mary; o meglio, l'invenzione letteraria, rivelatasi nei secoli così potente da sopravvivere a sé stessa, scaturisce dalla mente di una ragazza di diciannove anni dall'intelligenza fuori del comune che vive immersa fra innumerevoli stimoli scientifici, culturali e sociali, che nel romanzo sono trasportati, rielaborati e trasformati al punto che l'opera diventa una rappresentazione perfetta del fermento dell'epoca. A raccontare oggi questo retroterra fertile, che diventa sia il materiale da romanzo di Mary Shelley sia quello da laboratorio di Victor Frankenstein, è Kathryn Harkup, chimica e divulgatrice, nel suo La nascita di Frankenstein. Tra scienza, gotico e femminismo: da dove viene la creatura di Mary Shelley (Utet, pagg. 342, euro 23). Ora, di gotico e di femminismo, su Mary Shelley si è letto già moltissimo, mentre la componente "scienza" è ciò che rende veramente interessante questo saggio, che ci porta fra Sette e Ottocento, in un mondo in piena rivoluzione, dove la scienza diventa sempre più sperimentale e interessata alle applicazioni pratiche e tecnologiche, di più: dove viene coniato il termine stesso di "scienziato", proposto per la prima volta da William Whewell a un incontro della British Science Association nel 1833. Questo significa che, quando pensiamo a Victor Frankenstein come all'icona dello "scienziato pazzo", lui stesso non si sarebbe definito tale (nemmeno nella seconda edizione, che è del 1831).

Harkup però ci fa incontrare numerosi personaggi che possono essere stati dei modelli per l'inventore del mostro. Il primo è il marito di Mary, Percy Bysshe, che è stato sì uno dei grandi poeti romantici inglesi, ma anche un appassionato di chimica e in particolare di elettricità, tanto che le sorelle erano terrorizzate dai suoi esperimenti. Da giovane, Shelley fu allievo di Adam Walker, uno dei primi divulgatori scientifici, mentre a Eton fu influenzato da James Lind, un medico che corrispondeva con James Watt e Benjamin Franklin (il cui esperimento più noto con l'elettricità è esplicitamente ripreso nel romanzo), che conosceva e replicava gli esperimenti di Galvani sulle rane e le tecniche di William Cullen per la rianimazione degli annegati, che sono le stesse utilizzate da Victor per trasmettere la vita al mostro... Ma Shelley fu anche un amante dell'occulto e dell'alchimia, come del resto il padre di Mary, William Godwin...

E poi ci sono i chimici (Victor studia chimica a Ingolstadt), come Sir Humphry Davy, che frequentava casa Godwin e che "potrebbe aver plasmato l'attitudine alla scienza e la formazione di Victor, oltre al suo passaggio da alchimista dilettante a scienziato di grande successo", passaggio che è molto più marcato nella edizione del 1831. E ci sono anatomisti e chirurghi, come John Hunter, il quale nella sua collezione di cadaveri si vantava di possedere anche un gigante di due e metri e mezzo, come il mostro, e che il padre di Mary conosceva.

Frankenstein nasce in mezzo a curiosità e scoperte di ogni sorta, e immergervisi è una specie di avventura, una esplorazione a sé, in un mondo e in un'epoca che, a volte, sembrano più straordinarie della fantasia (tranne quella di Mary Shelley, ovviamente).

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