Il libro e la collana: gli ultimi misteri di Anna Bolena

La seconda moglie di Enrico VIII è uno dei personaggi più affascinanti della storia, ricordato e molto amato ancora oggi, ma sulla sua vita restano ancora dei punti interrogativi

Il libro e la collana: gli ultimi misteri di Anna Bolena

Ci sono due misteri legati alla vita di Anna Bolena (1501 circa-1536), anzi, per meglio dire agli ultimi momenti della sua esistenza. Entrambi hanno per protagonisti due oggetti a cui la seconda moglie di Enrico VIII (1491-1547) sarebbe stata molto affezionata: un libro e una collana. Il primo è stato ritrovato un paio di anni fa (ma questo, invece di scrivere la parola fine su un enigma, ha portato ulteriori domande), la seconda non è mai stata rinvenuta. La collana e il libro non sono solo gli emblemi di una vita vissuta, ma si trascinano dietro le ombre di una tragedia esistenziale e politica.

Dama di corte della Regina

Anna Bolena nacque in una famiglia aristocratica e molto vicina a Enrico VIII. Figlia del diplomatico Sir Thomas Boleyn, primo conte di Wiltshire, la giovane ottenne il ruolo di damigella d’onore della reggente Margherita d’Asburgo, nei Paesi Bassi, proprio grazie all’abilità politica di suo padre. Anna trascorse più di un anno alla corte fiamminga, dal 1513 al 1514, per poi trasferirsi in Francia come dama di compagnia di Maria Tudor, che proprio nell’ottobre 1514 aveva sposato il sovrano francese Luigi XII.

La permanenza in questi ambienti così diversi e sfarzosi, ma ricchi di cultura, consentì ad Anna di affinare la sua educazione. Quando tornò in Inghilterra, nel 1522, era ormai una donna colta, carismatica, elegante e capace addirittura di dettare moda nell’austera corte inglese. Divenne dama di compagnia di Caterina d’Aragona (1485-1536).

Nel 1519 era tornata in patria anche Maria Bolena (1499-1543), sorella di Anna, che in breve tempo, forse spinta proprio dalla famiglia, era divenuta l’amante di Enrico VIII. Il sovrano si stancò di lei dopo pochi anni e nel 1526 iniziò a corteggiare Anna con una certa insistenza. Quest’ultima, però, non aveva alcuna intenzione di diventare solo una delle tante favorite del Re. Mirava molto più in alto, al trono occupato da Caterina.

La Regina non era riuscita a dare al marito il tanto sospirato erede maschio: nel gennaio 1511 aveva messo al mondo un bambino, Enrico Tudor che, purtroppo, era morto il mese successivo alla nascita, mentre nel febbraio 1516 era nata la bimba che un giorno sarebbe diventata Maria La Sanguinaria (1516-1558). Il destino, per Anna, non poteva essere più favorevole: per sette anni non cedette alle lusinghe del Re, certa che, se lo avesse tenuto sulle spine, prima o poi avrebbe ottenuto ciò che voleva: il ripudio di Caterina d’Aragona e il ruolo di Regina consorte.

Il piano di Anna Bolena era un azzardo, qualcosa di inconcepibile per l’epoca. Eppure riuscì, perché la condizione principale per questo successo si era verificata nel momento giusto: Enrico voleva a tutti i costi un erede e questo desiderio così forte lo spinse, nel 1527, a chiedere l’annullamento del suo matrimonio al Papa Clemente VII. La richiesta generò la controversia che fu all’origine dello scisma avvenuto tra il 1532 e il 1534. Un evento che destabilizzò gli equilibri politici e religiosi dell’Europa del tempo, influenzando la Storia del Cristianesimo in Occidente e favorendo la nascita della Chiesa anglicana. Il 25 gennaio 1533 Anna Bolena sposò Enrico VIII. La sua vittoria, però, non era destinata a durare a lungo.

L’esecuzione di Anna

Nemmeno Anna Bolena riuscì a dare al marito il figlio maschio che tanto aspettava. Il 7 settembre 1533 diede alla luce la futura Elisabetta I (1533-1603), ma Enrico non credeva che una donna fosse adatta al duro mestiere di Re. Si sbagliava, anzi, aveva preso un’enorme cantonata, ma quella era la sua idea fissa. Dopo una serie di aborti spontanei il sovrano si convinse addirittura che le nozze con Anna fossero state uno sbaglio e magari Dio le avesse perfino maledette. In più si era invaghito di un’altra donna, Jane Seymour (1508 circa-1537) e stavolta era sicuro che lei sarebbe stata in grado di dargli un erede.

Anna si ritrovò nella stessa posizione di Caterina d’Aragona, ovvero quella dell’ostacolo da rimuovere per raggiungere l’obiettivo prefissato. Anzi, la sua condizione divenne ancora più precaria quando Caterina morì, lasciando il Re vedovo, almeno secondo la Chiesa cattolica. Inoltre la nuova Regina era quasi del tutto sola a corte, piena di nemici e considerata un’usurpatrice dal popolo.

Nell’aprile 1536, con l’apertura dell’inchiesta per alto tradimento e adulterio, iniziò l’inarrestabile caduta di Anna Bolena. Il 2 maggio 1536 venne arrestata e condotta nella Torre di Londra. Il consigliere generale del Re, Thomas Cromwell organizzò il processo, imputando alla Regina anche l’incesto con il fratello, George Bolena. Erano false accuse, ma Anna venne condannata alla pena capitale, cioè il rogo. Il sovrano commutò la pena in decapitazione tramite la spada, considerandola più dignitosa per una Regina, la prima nella Storia inglese a essere processata e giustiziata.

Nel 2022 sono stati ritrovati dei documenti, redatti da Enrico VIII in persona, in cui l’esecuzione di Anna Bolena, avvenuta il 19 maggio 1536, viene progettata minuziosamente ben prima della fine del processo. Finora gli storici avevano ritenuto che Cromwell avesse costruito la ragnatela di accuse che imprigionò Anna. Queste nuove prove, invece, dimostrerebbero, come ribadito anche dalla studiosa Tracy Borman, che fu solo il Re a premeditare la condanna e ad avere l’ultima parola sul destino di Anna.

La collana di perle

Alla National Gallery di Londra è esposto un quadro del XVI secolo che ritrae Anna Bolena con indosso una collana di perle che termina con un ciondolo d’oro a forma di B (di Boleyn, il suo cognome) da cui pendono tre perle a goccia. Il gioiello è diventato famoso anche grazie al film “L’Altra Donna del Re” (2008) in cui vediamo Natalie Portman, nel ruolo di Anna, sfoggiarne una copia. Sembra che la Bolena fosse molto affezionata alla collana e non se ne separasse mai. Farsi ritrarre in un dipinto ufficiale, da sovrana, con quella B al collo, era quasi un gesto di sfida, una provocazione, di sicuro una scelta non convenzionale. In questo modo, infatti, Anna rivendicava la sua identità. Prima di essere la moglie di Enrico VIII e la Regina consorte era una Bolena.

Della collana, purtroppo, si persero le tracce dopo la sua esecuzione. Nessuno è mai riuscito a ricostruire, nemmeno in parte, la storia del monile. Ci sono solo ipotesi. Per alcuni le dame di compagnia di Anna avrebbero conservato la collana per poi donarla a Elisabetta I, sua figlia. Secondo altri, invece, il gioiello sarebbe stato smembrato e le perle incastonate nella Imperial State Crown.

Ipotesi, quest’ultima, molto suggestiva, perché parte dall’idea secondo cui sarebbe rimasta una traccia del passaggio terreno e della vita regale di Anna. Enrico VIII avrebbe cercato di cancellare dalla memoria collettiva l’immagine della seconda moglie, ma la presunta presenza delle perle di quella collana sull’emblema più importante della monarchia britannica ricorderebbe a tutti, anche ai posteri, che Anna è esistita. Potremmo definirlo il secondo “schiaffo morale” (seppur non confermato) a Enrico VIII, dopo il regno splendente di Elisabetta I, in cui lui non avrebbe mai creduto.

Il Libro delle Ore

Poco prima di salire sul patibolo Anna Bolena avrebbe consegnato il suo Libro delle Ore (un libro di preghiere stampato intorno al 1527) a una delle sue dame. L’opera, proprio come la collana, andò perduta per secoli. Riapparve nel 1903 nella dimora in cui Anna aveva trascorso l’infanzia, cioè il Castello di Hever, acquistato proprio quell’anno dal miliardario americano William Waldorf Astor. Nel libro Anna scrisse: “Ricordatevi di me quando pregate, che la speranza vi accompagni giorno dopo giorno”.

Nel 2020 la studiosa Kate McCaffrey, impegnata in una tesi su Anna Bolena, si accorse che ai margini delle pagine del libro c’erano delle strane iscrizioni, solo parzialmente visibili a occhio nudo. Ulteriore esami sul testo rivelarono che si trattava di annotazioni firmate da cinque donne: Elizabeth Hill, Elizabeth Shirley Mary Cheke, Philippa Gage e Mary West. Secondo la teoria più accreditata prima di morire Anna Bolena avrebbe donato il libro a Elizabeth Hill, sua alleata. Successivamente questo sarebbe passato ad altre dame fedeli alla memoria della Regina e collegate ai Bolena (impossibile ricostruire con precisione le date e i passaggi di mano) fino al XVI° secolo.

Questa ristretta cerchia di donne avrebbe mantenuto vivo il ricordo di Anna anche a costo della vita poiché, come abbiamo visto, Enrico VIII impose un completo ostracismo sulla figura della seconda moglie. “Questa storia è un esempio di donne…per cui la lealtà e l’amicizia è una priorità…una bella storia di solidarietà…e coraggio”, ha dichiarato la McCaffrey, citata da National Geographic.com.

La studiosa ha aggiunto: “Si tratta di un libro tramandato…da figlia a madre, da sorella a nipote”. Firmare il libro e tacere il nome della sua proprietaria originaria avrebbe voluto dire far parte di un gruppo tutto al femminile che si sarebbe ribellato alle regole di un mondo fatto da e per gli uomini.

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