Antonio Ruzzo
Milano ritira la candidatura per le Olimpiadi 2016, se ne riparlerà per il 2020. Potevamo farcela?
«Sinceramente non credo ci fossero reali possibilità di organizzare i Giochi a Milano».
I grandi campioni si esaltano nelle imprese impossibili... Questa volta però lei mi sembra un po pessimista...
«Per niente, solo che Roma è molto più avanti di noi. Loro vanno a velocità cinque, che comunque è piano, ma noi siamo proprio fermi. A Milano, negli ultimi anni, si sono presentate troppe intenzioni e poche vere volontà. Mi spiace molto che si parli tanto senza fare. Ma anche candidarsi per il 2020, quando è aperta la corsa di Roma per il 2016, è poco elegante: si dà per scontato che la capitale non ce la farà».
Cosa manca a Milano?
«Innanzitutto siamo carenti con gli impianti. Parlo subito del nuoto perché è il mio sport. Ci sono due piscine olimpiche in cui si possono allenare gli atleti, la Saini e la Mecenate: e non sono messe benissimo, tantè che per ristrutturarle andrebbero chiuse. Per latletica va ancora peggio, soprattutto dopo che è andata fuori uso la pista dellArena. Il resto è più o meno su questa deriva se si tiene conto che una realtà come il volley dalla nostra città ha dovuto emigrare e che anche il basket a livello di strutture ha qualche difficoltà».
E la Moratti che può fare?
«Provare a sostenere un progetto coinvolgendo le società sportive della città, limpresa».
Il primo passo deve essere politico...
«Obbligatoriamente. Limprenditoria sportiva è a terra. Le risorse dello sport non si possono paragonare a quelle dellimpresa classica. E chi decide di investire punta su settori che garantiscono profitti più sicuri e, purtroppo, spesso questo non è il nostro caso dove la leva è quasi sempre la passione».
Daccordo, però i Giochi sono unoccasione irripetibile, un volano economico notevole. Si cita spesso Barcellona, ma in genere tutte le città che organizzano ne traggono benefici.
«Barcellona per Milano potrebbe davvero essere un modello. I Giochi sono stati unoccasione fantastica per ripartire. La città si è letteralmente trasformata, ma soprattutto è stata capace di far continuare a vivere i luoghi e le strutture olimpiche a Giochi finiti. Ora sono curioso di vedere cosa succederà ad Atene, anche se è ancora un po presto...».
Lei da atleta e da commentatore Rai di Olimpiadi ne ha viste parecchie, quale città lha colpita di più?
«Sydney senza dubbio. Per le strutture, ma soprattutto per il clima olimpico. Non è accostabile alle nostre realtà. Gli australiani hanno spazi infiniti, ma soprattutto una cultura sportiva diversa... un altro pianeta».
Ecco, la cultura sportiva: a Milano a che punto siamo?
«Credo che la chiave sia listruzione. La Moratti è stata ministro dellIstruzione e sa bene che bisogna partire da lì. Serve un serio programma sportivo sin dalle elementari che incanali gli sfoghi naturali dei ragazzi. Bisogna insegnare a fare sport, che ovviamente non può essere solo calcio».
Chieda qualcosa al nuovo sindaco...
«I campi estivi e le attività per coinvolgere i giovani a scuole finite sono una bella occasione per familiarizzare con la pratica sportiva. Chiedo alla Moratti di continuare, di insistere...».
Una buona «occasione» può essere anche lapertura serale delle piscine con aperitivo compreso...
«Per divertirsi sì, ma sinceramente non credo che la funzione dellArgelati o di altri impianti della città possa essere questa. La vasca ha un altro compito mi creda...».
Ok, capitolo chiuso, passiamo ad altro. Cè qualcosa di Milano che non vorrebbe assolutamente che il nuovo sindaco cambiasse?
«Sarò banale. Tutta la piazza intorno al Castello Sforzesco e il parco. Li trovo bellissimi, un simbolo inconfondibile di questa città. Un valore aggiunto penso siano anche i Navigli, ma forse servirebbe unisola pedonale per migliorare la qualità della vita di tutti, anche dei residenti».
Ci siamo detti tutto pare...
«No aspetti, unultima cosa.
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