Ho letto con interesse il lungo articolo di Luca Doninelli dell'11 marzo, dal titolo «A diventare un io non si impara da soli», che mi tira in ballo.
Egli confessa di essere venuto alla presentazione del mio nuovo libro Il Sessantotto al futuro (Garzanti) con «intenzioni leggermente malevole», per «respirare l'aria del reducismo». Ammette che gli è andata buca, dato che si è parlato - ed è proprio questo lo spirito del libro - delle grandi idee di allora solo in quanto funzionali a capire meglio il presente e il futuro.
Sebbene il teatro Franco Parenti fosse strapieno, e metà della gente non era riuscita a entrare, scrive che quella sera «ci sono stati due grandi assenti: Praga e l'io».
Ora: non risultando che Doninelli sia sordo, mi chiedo se si sia distratto. Ad ogni buon conto: se legge il libro vedrà che sia di Praga sia dell'io - non contrapposto al «noi» - si parla diffusamente.
Grazie se la presente sarà fatta conoscere integralmente ai lettori.
Molto cordialmente
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