
Con la sfiducia arrecata a François Bayrou – 364 voti contrari contro 194 – si conclude l’esperienza del suo governo, il secondo a cadere per un voto di fiducia in meno di un anno. Il presidente Emmanuel Macron si trova ora in un vicolo cieco: la legislatura è frammentata tra sinistra, centro e destra estrema, senza alcuna maggioranza chiara. Bayrou si presenterà domani mattina all'Eliseo per presentare le dimissioni al capo dello stato.
Il futuro politico del Paese torna nelle mani di Macron. Davanti a lui tre opzioni: nominare un nuovo primo ministro, probabilmente tra i socialisti per tentare una coabitazione, sciogliere l’Assemblea nazionale e indire elezioni anticipate, o affidarsi a un governo tecnico. La scelta dovrà essere rapida, soprattutto in vista delle proteste già annunciate dai sindacati per il 18 settembre.
La destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella sta alzando la posta: chiede elezioni immediate e punta a trarre vantaggio dal caos, presentandosi come l’unica alternativa credibile a un centro in crisi e a una sinistra divisa. Lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale "non è un'opzione, ma un obbligo", ha affermato la leader del Rassemblement National intervenendo in Aula. "Senza lo scioglimento, Emmanuel Macron bloccherà il Paese", ha aggiunto.
Intanto, il Partito Socialista guidato da Olivier Faure dichiara apertura al dialogo e disponibilità a entrare in un governo purché coerente con un’agenda di centrosinistra. La France Insoumise e altri gruppi della sinistra radicale, invece, rifiutano compromessi e chiedono nuove elezioni, rendendo fragile anche l’ipotesi di un’alleanza progressista. "Bayrou è caduto. Vittoria e sollievo popolare. Macron è ora in prima linea, di fronte al popolo. Anche lui deve andarsene". Lo ha scritto su X il leader de La France Insoumise Jean Luc Melenchon. Gli "Insoumis" avevano annunciato nei giorni scorsi di voler presentare, già da domani, una mozione per la destituzione del capo dello stato.
È probabile che Macron, in un primo momento, tenti la strada di un nuovo premier vicino alla sua area ma proveniente dai socialisti, per ricostruire una maggioranza in grado di approvare il bilancio 2026 e calmare i mercati. Se questo tentativo dovesse fallire, l’unica strada percorribile resterebbe lo scioglimento del Parlamento, con la prospettiva di elezioni anticipate già in autunno. Una scelta che però il presidente teme: un voto popolare potrebbe rafforzare ulteriormente il Rassemblement National in un contesto dominato da proteste e sfiducia.
Il clima sociale, intanto, è in fermento. Con un debito oltre il 114% del PIL e un deficit vicino al 6%, Parigi rischia un declassamento del rating mentre la crisi politica minaccia di innescare una nuova emergenza nell’Eurozona.
Mobilitazioni, scioperi e cortei potrebbero scatenarsi nei prossimi giorni, complicando ulteriormente il quadro politico e aggiungendo pressione sull’Eliseo per trovare rapidamente una soluzione praticabile, anche a costo di sacrifici politici pesanti.