Politica estera

In Irlanda è emergenza immigrazione: Londra e Dublino ai ferri corti sul piano Ruanda

La strategia del premier Sunak che prevede il trasferimento dei rifugiati in Ruanda sta provocando un forte aumento dell'immigrazione in Irlanda. E la tensione sociale a Dublino rischia di farsi insostenibile

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Prima grana per Simon Harris, il neopremier più giovane della storia d’Irlanda. Entrato in carica ad aprile a seguito delle dimissioni a sorpresa di Leo Varadkar, a sua volta ex enfant prodige della politica celtica, il trentasettenne ex ministro della Salute con la passione per TikTok deve fare adesso i conti con l'impennata dell’immigrazione determinata dal piano Ruanda, la strategia adottata dal suo omologo britannico Rishi Sunak che prevede la deportazione nel Paese africano dei richiedenti asilo arrivati clandestinamente Oltremanica.

Gli immigrati, denuncia il governo irlandese, starebbero aggirando le maglie del sistema ideato da Londra - da cui ha tratto ispirazione anche la premier Giorgia Meloni - per varcare il confine che separa l’Irlanda del Nord dalla Repubblica d’Irlanda. Una situazione che ha alimentato tensioni sociali e scene di degrado con tendopoli spuntate come funghi in zone centrali di Dublino fatte rimuovere con grande imbarazzo dal Taoiseach, il termine gaelico che indica la carica di premier.

Non voglio tornare in Africa. Il Ruanda non è un posto sicuro per me”, spiega ai cronisti del Times un migrante somalo che vive nella capitale d'Irlanda in condizioni precarie insieme ad altre centinaia di compagni di sventura. Abdi, questo il suo nome, conferma di aver viaggiato in pullman da Londra a Liverpool e di aver preso da lì un traghetto per Belfast per poi attraversare una frontiera già al centro di anni di trattative estenuanti sulla Brexit. Lo stesso percorso che secondo secondo i funzionari irlandesi è stato compiuto dall’80% dei nuovi richiedenti asilo.

Nell’anno corrente si prevede l’arrivo nell’isola di smeraldo di circa 20mila rifugiati, un aumento pari a oltre sette volte i numeri registrati nel periodo prepandemico. Si stima però che il dato reale sia ancora più alto. Sarebbero infatti tra i 50mila e i 70mila gli ingressi annuali in un Paese che ha una popolazione pari ad appena un decimo di quella della sola Inghilterra. Numeri ai quali vanno poi aggiunti i 100mila rifugiati provenienti dall’Ucraina in guerra.

Non forniremo una scappatoia per i problemi migratori altrui”, ha tuonato il premier Harris che valuta come e se rimpatriare gli immigrati. Dal canto suo, Sunak affronta da mesi un’emergenza immigrazione con sbarchi record - 700 persone solo lo scorso mercoledì - lungo le coste meridionali inglesi e anche a causa di ciò potrebbe presto ricevere una pesante batosta alle urne passando così il testimone ad un governo dei Labour.

Non meno problematici i risvolti sociali e politici in Irlanda, il “Paese dei centomila benvenuti” che dell’accoglienza ha sempre fatto il suo biglietto da visita. L’incremento degli immigrati ha provocato malcontento in una parte minoritaria, ma rumorosa, della popolazione tentata dagli appelli di movimenti nazionalistici e xenofobi. Lo si è visto lo scorso novembre quando l’aggressione avvenuta fuori da una scuola di Dublino ha provocato lo scoppio di una guerriglia urbana pilotata da estremisti e hooligans che ha messo a ferro e fuoco la capitale irlandese ed è stata sedata dalle forze di polizia solo dopo diverse ore.

Il governo di coalizione guidato da Harris è marcato stretto nei sondaggi dallo Sinn Fein, l’ex braccio politico dell’Ira, al quale gli elettori potrebbero decidere di affidare in un non lontano futuro il dossier immigrazione, seconda fonte di preoccupazione per i cittadini dopo quella relativa alla carenza di alloggi nella Silicon Valley d’Europa. E mentre da Londra Sunak tira dritto sostenendo che la strategia Ruanda stia funzionando, alcuni analisti paventano un aumento della tensione in Irlanda che potrebbe degenerare in nuove ondate di violenza. La famiglia del ministro della Giustizia è stata evacuata dopo un paio di falsi allarmi bomba e sono stati segnalati attacchi incendiari ad edifici destinati ai rifugiati.

Insomma, gli elementi per una deflagrazione sociale sembrano purtroppo esserci tutti.

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