Politica estera

Gli esperti Usa: "Xi Jinping preferisce Trump e ha già un piano in mente"

Secondo diversi analisti il leader cinese preferirebbe un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Il piano di Xi Jinping per un secondo mandato del tycoon

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Mentre i sondaggi in America restituiscono l’immagine di un elettorato rassegnato e diviso su quale dei due candidati votare tra Joe Biden e Donald Trump, i principali leader mondiali sembrerebbero avere le idee più chiare. Se non altro in Europa. Infatti, se potesse esprimere una preferenza il Vecchio Continente affiderebbe a larga maggiornaza al presidente uscente un secondo mandato alla Casa Bianca. Fatta eccezione per le lusinghe rivolte da Vladimir Putin al vecchio Joe le quali sembrano più che altro studiate per danneggiare il candidato democratico, diversi analisti sono concordi sul ritenere che la Cina, vero rivale degli Usa nel Ventunesimo secolo, preferisca invece assistere al ritorno del miliardario al 1600 di Pennsylvania Avenue.

Relazioni difficili

La conclusione controintuitiva degli esperti apparsa su riviste come Foreign Policy e l’Atlantic potrebbe spiazzare gli osservatori poco attenti alle dinamiche intercorse tra gli Stati Uniti e la Cina negli ultimi otto anni. In fondo sarebbe stato Trump per primo a lanciare l’allarme contro il gigante asiatico e a scatenare una dura guerra commerciale contro Pechino. La retorica adoperata nel 2016 dal tycoon per conquistare il voto della classe operaia “dimenticata” e sfavorita anche dalla concorrenza cinese in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin è stata confermata da The Donald nel corso della sua amministrazione. L’ex presidente sembrava poi preferire Putin a Xi Jinping e alludendo a possibili origini non naturali della pandemia definiva spesso in pubblico il Covid-19 come il “virus cinese”.

Considerate tale premesse per quale motivo quindi il leader del Paese del dragone dovrebbe fare il tifo per Trump? Perché, sostengono diversi analisti, contrariamente a quanto si possa pensare, Biden ha colpito Pechino più di quanto non abbia fatto il suo predecessore. Washington ha mantenuto i dazi e nel 2022 ha bloccato l’esportazione dei semiconduttori in Cina dando vita ad una “chip war” che ha messo in seria difficoltà l’economia della potenza rivale.

In politica estera, dopo quattro anni di gestione imprevedibile delle relazioni con gli alleati da parte del tycoon, la Casa Bianca è tornata a collaborare con le organizzazioni internazionali e con i partner del G7. Vista da Zhongnanhai la costruzione di una serie di alleanze Usa in Asia e l’avvicinamento all’India hanno poi amplificato la sensazione di un crescente accerchiamento. Insomma, come riassume Scott Kennedy del Center for Strategic and International Studies, da una prospettiva cinese l’America guidata da Biden “rappresenta una sfida più formidabile”.

Il piano di Xi Jinping

Oltretutto in caso di vittoria alle presidenziali di Trump Xi Jinping avrebbe già in mente un programma da realizzare. Il primo punto in agenda sarebbe allargare le divisioni, in parte già emerse, tra le due sponde dell’Atlantico. Bruxelles “è un nemico commerciale”, affermava il miliardario nel 2018 e Pechino non vedrebbe l’ora di poter capitalizzare su una ripresa della guerra dei dazi tra gli Stati Uniti e l’Europa per impedire che gli storici alleati possano concordare misure sfavorevoli al gigante asiatico.

Inoltre nel corso del secondo mandato, Trump, considerato vicino a Putin, potrebbe decidere di ritirare le sanzioni imposte contro Mosca a seguito della sua aggressione contro Kiev. Il presidente cinese che ha proclamato “un’amicizia senza confini” con la Russia sarebbe sollevato di vedere tale riavvicinamento e potrebbe tornare a fare affari senza dover scegliere tra aziende americane e aziende russe.

Un Trump 2.0 e il conseguente abbandono della collaborazione Usa con gli alleati permetterebbero poi a Xi Jinping di accelerare la costruzione di relazioni con i Paesi del cosiddetto Sud globale e la creazione di meccanismi finanziari alternativi a quelli imposti dagli Stati Uniti. Infine, non si possono non menzionare i dubbi espressi dal miliardario su un eventuale sostegno a Taiwan. Secondo alcuni report dell’intelligence il 2027 potrebbe essere l’anno in cui la Cina tenterà di conquistare la “provincia ribelle”.

Sapere che al timone della superpotenza ci sia un’isolazionista come Trump potrebbe aiutare Pechino a sciogliere le ultime riserve e a risolvere una volta per tutte una questione vitale per il moderno imperatore cinese.

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