
La missione dell'inviato della Casa Bianca Steve Witkoff, arrivato oggi in Israele per discutere della situazione nella Striscia di Gaza, non si apre sotto i migliori auspici. Il Jerusalem Post riporta infatti le indiscrezioni di fonti israeliane secondo cui ci sarebbe un "crescente pessimismo" nello Stato ebraico sulla possibilità che Hamas mostri flessibilità e ritorni al tavolo dei negoziati. Un funzionario anonimo d'Israele fa sapere che all'interno del governo guidato da Benjamin Netanyahu ci sia la sensazione di un fallimento imminente dei colloqui. Una prospettiva che, stando a quanto indicato dalla stessa gola profonda, comporterebbe l'inevitabilità di "un'operazione militare estesa a Gaza".
"Hamas ha interrotto i contatti. Non ci sono veri negoziati con loro", dichiara una delle fonti anonime citata dal quotidiano israeliano mentre un'altra aggiunge che il gruppo islamista avrebbe interrotto i contatti persino con il Qatar e con l'Egitto precisando che al momento l'organizzazione responsabile della strage del 7 ottobre sarebbe impegnata principalmente nei colloqui con la Turchia.
Nella giornata di oggi Witkoff e il premier Netanyahu si sono incontrati per circa tre ore. L'incontro tra l'inviato di Donald Trump e Bibi si è svolto in parte in forma privata ed ha poi visto la partecipazione del ministro degli Affari strategici Ron Dermer, del ministro degli Esteri Gideon Sa'ar e di altri alti funzionari israeliani. Washington e Tel Aviv, ha affermato al termine del vertice una fonte dello Stato ebraico al Jerusalem Post, sono "allineate" sui prossimi passi da prendere nei confronti di Hamas dopo l'interruzione dei contatti da parte del gruppo.
Inoltre, secondo quanto riferito ad Ynet da una fonte politica israeliana di alto livello "si sta formando un'intesa tra Israele e gli Stati Uniti secondo cui, alla luce del rifiuto di Hamas, bisogna passare da un piano per il rilascio di alcuni ostaggi a un piano per la liberazione di tutti i rapiti, il disarmo di Hamas e la smilitarizzazione della Striscia di Gaza. Non ci saranno più accordi parziali". La fonte ha quindi confermato che "al momento i contatti sono interrotti. Hamas ha tagliato i rapporti. Non c'è nessuno con cui parlare dall'altra parte. Anche Witkoff ha compreso questa realtà". In serata Basem Naim, membro dell'ufficio politico del movimento islamista, ha dichiarato alla Cnn che la sua organizzazione è disposta a riprendere i negoziati ma è "essenziale migliorare significativamente la catastrofica situazione umanitaria e ottenere una risposta scritta dal nemico in merito alla nostra risposta".
Già la settimana scorsa l'inviato di Trump aveva annunciato il fallimento dei colloqui in corso nel Qatar e il ritiro del team americano puntando il dito contro l'"egoismo" e la "chiara mancanza di volontà di arrivare ad un cessate il fuoco" a Gaza dimostrate da Hamas. Una presa di posizione arrivata dopo la controproposta degli islamisti ai punti proposti dai mediatori e accettati dallo Stato ebraico. Witkoff aveva poi sottolineato che sarebbero state "valutate opzioni alternative per riportare a casa gli ostaggi e cercare di creare un ambiente più stabile per la popolazione" nell'exclave palestinese.
In un'analisi pubblicata pochi giorni fa dal Wall Street Journal, si legge che "analisti della sicurezza israeliana" ritengono che Tel Aviv possa cercare di aumentare la pressione su Hamas "emarginando o addirittura assassinando i suoi leader a Doha e negoziando direttamente con gli agenti di Hamas sul campo a Gaza per liberare gli ostaggi. Gli Stati Uniti e Israele potrebbero fare pressione per estradare negli Usa i leader di Hamas in Qatar".
La comunanza di vedute tra Washington e Tel Aviv è tutta però da confermare. Come infatti appena riportato dall'Atlantic, il presidente Trump e i suoi collaboratori sono più desiderosi che mai di porre fine al conflitto e, in particolare, il tycoon sarebbe giunto alla conclusione che Netanyahu stia prolungando la guerra a Gaza per meri calcoli politici. Intanto, cresce la pressione internazionale sul governo israeliano per le operazioni militari dell'Idf e per la grave carestia che sta colpendo la popolazione nella Striscia.
La Slovenia ha fatto sapere che vieterà il commercio di armi con Israele a causa della guerra a Gaza sottolineando di agire in modo indipendente perché l'Unione europea "non è in grado di adottare misure concrete".