
Il primo agosto 2025 potrebbe segnare un punto di grave rottura nei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Se mai dovessero entrare in vigore i dazi al 30% minacciati da Donald Trump su tutti i prodotti dell’Unione, si avrebbero infatti seri problemi sul fronte economico di qua e di là dell’Atlantico. Basti osservare che nel 2024 la sola Italia ha esportato negli Stati Uniti beni per 65 miliardi, con una crescita del 7%. È quindi facile immaginare quale danno ne verrebbe a nostri settori chiave come l’agroalimentare, la moda, l’automotive: la perdita sarebbe immediata per le aziende italiane (si calcola circa 35 miliardi), come del resto per quelle tedesche e francesi che dipendono fortemente dal mercato americano. Ma è bene precisare che l’effetto boomerang per il Paese guidato da Trump sarebbe altrettanto forte.
Il mercato europeo è infatti fondamentale per l’industria americana, il cui export verso l’Europa supera 350 miliardi di dollari. Per contro, l’Europa esporta circa 530 miliardi negli Usa, che perciò dipendono in parte da queste importazioni, quindi se i dazi colpiranno duramente le aziende europee, l’effetto negativo ricadrà anche sulle aziende americane che importano quei beni.
Detta in breve, se Trump pensa che questi dazi possano riequilibrare il deficit commerciale con l’Europa, si sbaglia di grosso. L’effetto negativo sarebbe reciproco, con conseguenze su occupazione, consumi e crescita economica in entrambi i continenti.
Va segnalato che nel contesto di questa guerra commerciale, alcuni Paesi come la Francia hanno preso posizioni dure, sfidando le multinazionali americane con la famosa «tassa sui giganti digitali». Tale atteggiamento, sebbene legittimo dal punto di vista della difesa dei propri interessi, rischia solo di alimentare la spirale del conflitto e una lunga guerra commerciale finirebbe per non giovare a nessuno.
Sia chiaro, l’Europa non può dare risposte flebili, deve rispondere con fermezza, ma anche con intelligenza, visti i rischi che si stanno correndo.
Non è più tempo di sfide sterili, ma di dialogo per arrivare a una mediazione. La diplomazia commerciale è l’unica strada percorribile per evitare danni economici incalcolabili.
D’altro canto, è bene precisare che gli Stati Uniti, pur essendo la superpotenza che tutti sappiamo, non sono più in grado di sfidare l’Europa senza doverne pagare il prezzo.
Per questa ragione è sensazione diffusa che nei prossimi quindici giorni le diplomazie parallele lavoreranno come mai prima per arrivare a una soluzione che, nelle more di una deriva certo non desiderata, renda meno punitivo lo scambio commerciale tra i due blocchi. Se l’Europa deciderà di rispondere con misure mirate, ma equilibrate, e gli Stati Uniti capiscono che il blocco europeo non è solo una forza economica ma anche politica, allora il compromesso sarà possibile. L’interesse comune è chiaro: evitare che i dazi si traducano in una guerra che danneggi irreparabilmente le due economie. Entrambi i blocchi hanno molto da perdere, ed è nel loro interesse trovare un punto d’incontro.
Perché in un confronto di questa portata, alla fine nessuno vince davvero.