
Dall’Ufficio Ovale, Donald Trump intensifica i suoi attacchi contro l’ex presidente Barack Obama, definendolo senza mezzi termini “il capobanda” di un presunto complotto orchestrato assieme a Hillary Clinton e Joe Biden per manipolare le elezioni presidenziali. La risposta dallo staff ell'ex presidente non ha tardato ad arrivare, bollando le accuse come "bizzarre" e "ridicole". "Per rispetto alla presidenza, il nostro ufficio non è solito dare una risposta alle continue assurdità e disinformazione che escono da questa amministrazione, ma queste affermazioni sono abbastanza oltraggiose da meritarne una - afferma lo staff di Obama, secondo quanto riporta Cnn -. Queste bizzarre accuse sono ridicole e un debole tentativo di distrarre l'attenzione".
Le rivelazioni di Gabbard
Il tycoon, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha fatto riferimento a un recente rapporto della direttrice della National Intelligence, Tulsi Gabbard, che secondo Trump rivelerebbe l’esistenza di un piano segreto guidato dai vertici democratici nel 2016. “Barack Hussein Obama – come lo ha apostrofato storpiandone il nome – è stato preso con le mani nel sacco. È colpevole. È alto tradimento”, ha dichiarato il presidente, citando i documenti contenuti nel rapporto dell’intelligence.
Il presidente ha accolto con favore le sue conclusioni – che, a suo dire, sarebbero state oggetto di procedimento penale – e ha persino twittato un video generato dall'intelligenza artificiale che mostrava l'arresto di Obama. Con grande clamore, venerdì Gabbard aveva diffuso presunte prove di quella che ha definito una "cospirazione traditrice commessa nel 2016 da funzionari ai massimi livelli del nostro governo" – ovvero la conclusione cui all'inizio del 2017 l'intelligence era giunta secondo cui il presidente russo Vladimir Putin aveva deciso di interferire nelle elezioni presidenziali del 2016 a favore di Donald Trump.
Il Russiagate e i 4 dossier ufficiali
Secondo Trump, l’amministrazione Obama, con la complicità dell’allora segretario di Stato Hillary Clinton, dell’ex vicepresidente Biden e dell’ex capo dell’FBI James Comey, avrebbe orchestrato false accuse per alimentare l’inchiesta sul Russiagate. “Hanno tentato un colpo di Stato”, ha ribadito, aggiungendo che, stando a quanto riferitogli da Gabbard, “sono in arrivo migliaia di altri documenti”. Trump ha concluso il suo intervento con una chiara allusione alle numerose inchieste a suo carico durante l’amministrazione Biden: “Dopo tutto ciò che hanno fatto a me, è giunto il momento che siano loro a essere perseguiti”.
Le affermazioni di Tulsi Gabbard, tuttavia, contraddicono ben quattro dossier ufficiali. Tra questi, il rapporto Mueller, le indagini dell’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia, il dossier bipartisan del Senato del 2020 e il rapporto del procuratore speciale John Durham. Questi documenti concordano nel ritenere che la Russia abbia interferito nelle elezioni presidenziali — ma non esiste alcuna prova di complotto interno o di "golpe" organizzato da Obama & co. La vicenda ora si sovrappone a un dossier altrettanto bollente, ossia quello si Jeffry Epstein. Durante una conferenza stampa in cui gli è stato chiesto dell’inchiesta su Ghislaine Maxwell, Trump ha chiuso il discorso dichiarando alludendo ai recenti documenti giudiziari: “Lascino stare quella stregoneria e parliamo dell’altra stregoneria su Obama”.
Rubio nel vortice
Le affermazioni ora rischiano di trascinare nel vortice anche la stessa Camelot trumpiana, in particolare Marco Rubio: da senatore repubblicano membro della Commissione Intelligence, Rubio ha infatti firmato il Volume 4 del rapporto bipartisan sul coinvolgimento russo, che analizza dettagliatamente la genesi dell’Intelligence Community Assessment (ICA), la valutazione ufficiale dell’intelligence USA pubblicata nel gennaio 2017. Quel volume dedica quasi 160 pagine proprio alla revisione del processo che ha portato alla stesura dell’ICA, e il giudizio è netto: la valutazione era “coerente, ben fondata e basata su fonti multiple”. Nessuna irregolarità metodologica rilevante è stata riscontrata. Rubio ha confermato queste conclusioni anche nel successivo Volume 5, che attribuisce personalmente a Putin l’ordine dell’operazione di hackeraggio.
Il rapporto afferma che l’obiettivo di Mosca era “danneggiare Hillary Clinton, sostenere Donald Trump e minare la fiducia nel sistema democratico americano”. In un’ulteriore dichiarazione, Rubio ha ribadito — insieme ad altri cinque senatori repubblicani — che le interferenze russe ci sono state, ma senza coinvolgimento diretto del candidato Trump.