
La Francia si prepara a riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina a settembre. L’annuncio è arrivato nella tarda serata di ieri direttamente dal presidente Emmanuel Macron e potrebbe aprire la strada a nuove prese di posizione da parte di altri governi europei. Il dibattito internazionale intorno al riconoscimento della Palestina resta quindi destinato a occupare un ruolo sempre più rilevante nei prossimi mesi.
Secondo quanto riportato da CNN e altre testate internazionali, anche Regno Unito e Germania starebbero valutando una mossa analoga. Il riconoscimento di Parigi rappresenta un passo significativo, in particolare dopo che nel 2024 lo Stato di Palestina è stato formalmente riconosciuto anche da Spagna, Irlanda, Norvegia, Slovenia e Armenia.
Il riconoscimento internazionale dello Stato palestinese è un processo iniziato nel 1988, quando Yasser Arafat proclamò unilateralmente l’indipendenza durante una sessione del Consiglio Nazionale dell’OLP ad Algeri, leggendo una dichiarazione scritta dal poeta Mahmoud Darwish. La proclamazione portò subito a una prima ondata di riconoscimenti da parte dei Paesi della Lega Araba, del blocco sovietico e del Movimento dei non allineati. Tra il 2009 e il 2011 arrivò anche il sostegno di gran parte dell’America Latina, con Paesi come Brasile, Argentina, Cile, Perù, Venezuela ed Ecuador che decisero di riconoscere la sovranità palestinese.
Attualmente, oltre 140 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite riconoscono lo Stato di Palestina, che dal 2012 ha lo status di “Stato osservatore non membro” presso l’ONU. Nell’Unione europea, l’Islanda (che non è membro UE) lo ha riconosciuto già nel 2011, seguita dalla Svezia nel 2014. Altri Paesi dell’Est Europa avevano già proceduto al riconoscimento ai tempi della Guerra Fredda. Tuttavia, il blocco comunitario resta diviso. Lo status speciale consente alla Palestina di partecipare ai lavori dell'Assemblea Generale dell’ONU, intervenire nei dibattiti e mantenere una rappresentanza diplomatica stabile a New York. Tuttavia, non le è concesso il diritto di voto né la possibilità di candidarsi agli organi principali delle Nazioni Unite. Con la risoluzione speciale ES‑10/23 del maggio 2024, l’ONU ha attribuito alla Palestina ulteriori prerogative: sedere tra gli Stati membri nell’emiciclo, proporre emendamenti, inserire punti all’ordine del giorno, co-sponsor di documenti, partecipare attivamente nei comitati e conferenze internazionali – ma senza diritto di voto.
Il riconoscimento come “Stato osservatore” è stato interpretato dalla comunità internazionale – e da analisti legali – come un atto di riconoscimento collettivo della statualità palestinese. Sebbene non garantisca piena appartenenza, legittima la Palestina ad accedere ad agenzie e trattati ONU, ma anche ad avviare azioni legali, ad esempio di fronte alla Corte internazionale di giustizia o alla Corte penale internazionale su crimini commessi nei territori occupati. L’acquisizione dello status non esonera la Palestina dalla necessità di ottenere l’approvazione del Consiglio di Sicurezza (con nessun veto dei cinque membri permanenti) e poi la maggioranza qualificata dell’Assemblea Generale per diventare Stato membro a tutti gli effetti.
Nel contesto del diritto internazionale, riconoscere uno Stato significa legittimarlo come soggetto di diritto sovrano, con la possibilità di stabilire relazioni diplomatiche stabili. Questo comporta, per esempio, l’apertura di ambasciate o missioni permanenti. Nel caso della Palestina, tuttavia, il significato è anche fortemente simbolico: per molti governi, si tratta di una dichiarazione politica sull’equilibrio di forze in Medio Oriente e un segnale diretto ad altri attori internazionali, in primis gli Stati Uniti. Immediata la reazione del presidente Usa Donald Trump: "E' una brava persona, mi piace, fa il gioco di squadra, ma la buona notizia è che quello che dice non conta", parlando di Macron con i giornalisti che gli chiedevano un commento all'annuncio del presidente francese. Un riconoscimento, ha detto ancora il presidente, "non ha importanza".
Finora dieci Paesi del G20 — tra cui Cina, Russia, India, Arabia Saudita, Brasile, Messico, Sudafrica, Indonesia e Turchia, oltre alla Spagna — hanno formalizzato il riconoscimento della Palestina. Otto membri del G20, tra cui Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Corea del Sud, Australia, Canada e Stati Uniti, invece, mantengono una linea di non riconoscimento. La posizione della Francia, appena annunciata, va quindi a rafforzare il fronte di chi sostiene la legittimità dello Stato palestinese.
All’interno dell’Unione europea le divisioni permangono. La Spagna, ad esempio, ha preso una posizione forte nonostante una tradizionale prudenza su questioni di autodeterminazione, come dimostra il mancato riconoscimento del Kosovo per timore di precedenti legati alla Catalogna. Il premier Pedro Sánchez ha definito il riconoscimento della Palestina una scelta altamente simbolica e strategica. Anche la Norvegia, che in passato aveva legato un riconoscimento alla conclusione di un processo di pace, ha spiegato che l’obiettivo della sua decisione è proprio quello di accelerare tale processo.
In questa cornice, l’Italia continua a mantenere una posizione cauta.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che Roma sostiene la nascita di uno Stato palestinese, a condizione che esso riconosca Israele, sia riconosciuto da Israele e non sia governato da Hamas. "Noi riconosciamo l’Autorità Nazionale Palestinese, non Hamas", ha ribadito.