"Socializzare le grandi compagnie". Il programma horror della Rackete in Europa

I tre pilastri dell'ex capitana della Sea Watch 3: espropriare i big di petrolio, gas e carbone, aprire i confini ai migranti, creare un'alleanza anti fascista. Un pericoloso concentrato di ideologia sinistra

"Socializzare le grandi compagnie". Il programma horror della Rackete in Europa
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Al primo punto c'è la "giustizia climatica". Almeno così la chiama lei, anche se di giusto non ha granché. Se si va ad approfondire cos'ha realmente in testa, si scopre che quello che vuole attuare Carola Rackete è un esproprio, non più in nome del proletariato ma dell'ideologia green. Uno dei suoi obiettivi, qualora dovesse riuscirle il colpo di approdare al Parlamento europeo, è infatti socializzare le grandi compagnie di petrolio, gas e carbone, rastrellarne i profitti e usarli per finanziare la transizione ecologica. Un'idea sicuramente inquietante, forse nemmeno la più inquietante, che va a costellare un programma horror che comprende, tra le tante follie, anche l'apertura dei confini europei ai migranti e, ça va sans dire, la creazione di un'alleanza anti fascista.

La notizia è di qualche giorno fa: Carola Rackete candidata alle prossime elezioni europee. E il pensiero degli italiani, nel leggerne sui giornali, dev'essere andato all'estate del 2019 quando l'allora capitana della Sea Watch 3, infischiandosene dello stop del governo italiano e soprattutto speronando una motovedetta della Guardia di Finanza, era entrata con prepotenza nel porto di Lampedusa e aveva fatto sbarcare una cinquantina di clandestini. Tra questi, come rivelato dal nostro Giornale, c'erano anche il guineano Mohamed Condè e gli egiziani Hameda Ahmed e Mahmoud Ashuia, che un anno più tardi sono stati condannati a vent'anni di carcere ciascuno per le torture che avevano inflitto ai migranti stipati nei centri di detenzione libici. Ma questa è un'altra storia. Perché con le missioni nel Mediterraneo la Rackete ha chiuso da un pezzo.

Adesso il suo obiettivo è prendersi una poltrona a Strasburgo. Lasciate le ong del mare, è salita a bordo della Linke, partito di estrema sinistra tedesco. "Fino allo scorso febbraio, quando mi hanno contattato - racconta oggi a Repubblica - mai avrei pensato di candidarmi. Mi hanno proposto di farlo da indipendente". Sulle prime ha rifiutato. Poi il via libera in qualità di "watchdog, cane da guardia, per i movimenti". L'obiettivo è la Commissione Ambiente. "Il disastro socio-ecologico nel quale viviamo - ha scritto sul suo sito il giorno dell'annuncio della candidatura - non si risolve da solo se non andiamo in Parlamento, e non si risolve nemmeno senza un partito stabile di sinistra". A Strasburgo intende portare avanti una campagna contro le grandi compagnie di petrolio, gas e carbone. "Devono essere socializzate", intima. "Vanno presi i profitti che hanno fatto derubando la Terra e vanno distribuiti per finanziare la transizione ecologica". In confronto a lei il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, è un tiepido ecologista. E, infatti, la 35enne reputa il Green Deal poca cosa. "Non è abbastanza". Da qui l'idea dell'esproprio green.

Estremista in tutto, da eurodeputata la Rackete si ripromette sì di battersi per la "giustizia ecologica" ma senza dimenticare l'emergenza immigrazione. Continuerà a portare avanti la campagna lanciata un paio di anni fa, #DefundFrontex, che mira a tagliare i fondi dell'agenzia europea che (a fatica) prova a difendere i confini del Vecchio Continente. Ovviamente il suo sogno è che le frontiere vengano del tutto abbattute e che i migranti possano entrare liberamente. A suo dire l'Unione europea, invece, "vuole che i migranti affoghino per spaventare chi intende intraprendere gli attraversamenti " ed "esternalizza le violazioni dei diritti umani" siglando "accordi fatti con governi non democratici". Tipo la Tunisia, ovviamente.

Insomma, ultrà green, talebana dell'accoglienza e, dulcis in fundo, anti fascista militante.

La Rackete butta nello stesso calderone l'Afd, Marine Le Pen e Fratelli d'Italia, accusa Polonia e Ungheria di "muoversi in direzione autocratica" e propone di affrontare il problema "creando un'alleanza antifascista in Europa". Sembra di sentir parlare Elly Schlein. Ma si sa, a ogni latitudine d'Europa, il mantra della sinistra è sempre lo stesso.

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