Non saprei pronunciarlo in arabo, ma dalle nostre parti si direbbe così: «C'eravamo tanto armati». Perché la Albanese, nel senso di Francesca, guru dell'Onu e campione del mondo di faccine in stile emoji, trasformatasi in idolo pro Pal de' noantri fra sghignazzi in teatro a Reggio nell'Emilia contro gli ebrei d'Israele e collezioni di cittadinanze onorarie da far invidia a un numismatico navigato, finge di essere una pacifista imbevuta di saggezza. Al punto da far litigare fiorentini e bolognesi (Prodi in testa) non sull'eterno dilemma del pomodoro sì-pomodoro no nel ragù di carne, come da tradizione nostrana, bensì su Gaza e sull'estremismo di ciò che va cianciando in giro. Del resto Albanese fa prediche dalla mattina alla sera su democrazia e antifascismo, divide i buoni dai cattivi, ci racconta che noi occidentali siamo tutti fascistelli che di Gaza non capiamo un fico secco. Senza raccontarci però quali siano davvero le sue fonti in loco. Perché donna Francesca della Striscia, da quelle parti, qualche amico se l'è fatto.
Peccato che stia però seduta al tavolo del terrorismo palestinese insieme a uno dei leader di Hamas, Ghazi Hamad, e all'amico Bassem Naim, ex ministro nel governo di unità nazionale palestinese e padre del Naim Muhammad arrestato in terra britannica mentre venivano sequestrati in Austria armi ed esplosivo riconducibili a una rete del terrore. Come si dice da noi, due belle personcine.