
La prova della distanza siderale che divide la sinistra radicale dalla realtà l'ha offerta la manifestazione arcobaleno di due giorni fa. Nel pomeriggio Conte, Fratoianni e Bonelli e alcuni esponenti della segreteria del Pd, a titolo personale, sono scesi in piazza contro il riarmo. Qualche ora dopo Donald Trump ha dato il via libera alla midnight hammer, cioè al bombardamento di tre siti nucleari iraniani. Due soli paesi del vecchio continente sono stati avvertiti: l'alleato storico inglese, l'unico ad aver in Europa un esercito degno di questo nome; e la Germania che ha varato un programma di riarmo di dimensioni mastodontiche. Gli altri no. E la ragione è semplice: nell'era di Trump, Putin e Xi conti solo se sei una potenza militare. Se non lo sei resti all'oscuro: non sai in anticipo se la risposta dell'Iran sarà una fake revenge, cioè se sarà solo di facciata; o se gli ayatollah chiuderanno davvero lo stretto di Hormuz. Anche i tuoi richiami alla pace e alla diplomazia conteranno come il vuoto pneumatico. La totale impotenza dell'Unione Europea nasce da questo deficit.
Un dato che le tre guerre con cui abbiamo a che fare (Ucraina, Gaza e Iran) dovrebbero aver chiarito anche al più scalcagnato gruppo dirigente. A quanto pare la sinistra italiana da quell'orecchio non ci sente.
Ma possono le forze che ambiscono a guidare il Paese nascondersi questa semplice verità? Il buonsenso dice di no. Così si fronte all'inerzia dell'intera opposizione sui temi che caratterizzano questa fase politica sorge il dubbio che quel mondo pur di non imporsi delle scelte che richiederebbero una riflessione interna e magari un cambio di politica, di cultura, di linguaggio, sia disposto a perdere. Sta fermo, tetragono, chiuso nelle sue congetture che affondano le loro radici nell'ideologia pacifista di un tempo, agli anni '60, a pellicole come «fragole e sangue», alle contestazioni studentesche, ai cori di «give peace a chance» di John Lennon. Si ha l'impressione che punti a fare il pieno dei voti «identitari» senza allargare la capacità di rappresentanza dell'attuale coalizione: l'obiettivo è garantire l'elezione dell'attuale gruppo dirigente, non quello di convincere il paese ad affidargli la stanza dei bottoni.
Per cui la Schlein sul riarmo continua a balbettare. Come il pendolo va avanti e indietro: con lo spirito è nelle manifestazioni pacifiste; con la testa sa che certe posizioni sono incompatibili con le responsabilità di governo; con il calcolo non vuole rinunciare all'elettorato radicale che le dovrebbe permettere di cambiare pelle e gruppo dirigente al Pd.
In questa corsa Giuseppe Conte addirittura rilancia. Per diventare il riferimento dell'iper-pacifismo che non guarda in faccia alla realtà, ha organizzato una manifestazione domani contro la Nato all'Aja. Anche lì l'obiettivo è fare il pieno dei voti di quei mondi. Aumentare in percentuale come partito e garantire il maggior numero di seggi ai suoi. La vittoria alle elezioni è un fatto secondario. Anche perché la Storia insegna che è difficile assumere responsabilità istituzionali e di ministeri primari se contesti l'Alleanza.
Lo stesso Enrico Berlinguer, da segretario del Pci, riconobbe 50 anni fa l'importanza della Nato nel tentativo si aprirsi una strada per la stanza dei bottoni. Invece, la sinistra radicale di oggi subisce il fascino di un ritorno indietro di mezzo secolo al costo di non andare al governo. Appunto, voglia di perdere.