A 80 anni da Hiroshima

Sulla città giapponese scese un sole infernale e la Storia cambiò per sempre facendoci entrare nell'era in cui l'uomo è capace di estinguere l'uomo

A 80 anni da Hiroshima
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Sappiamo il momento esatto dello sgancio, il momento in cui tutto cambiò per sempre: ore 8, minuti 15 del giorno 6 agosto 1945. La bomba esce dal portellone di un singolo bombardiere B29 americano che sorvola la città giapponese di Hiroshima, plana per 44,4 secondi. Poi detona all'altezza prevista di 580 metri sopra la città. La bomba chiamata scherzosamente Little boy contiene 64 kilogrammi di uranio 235. Ad innescare l'esplosione una sorta di cannone che deve sparare la massa critica all'interno del resto della carica. Una metodologia di innesco già vetusta, gli scienziati di Los Alamos hanno fatto di meglio col plutonio e con un sistema di innesco a implosione completamente diverso, molto più efficiente. Lo si vedrà da lì a qualche giorno sopra Nagasaki.

Dei 64 chili di uranio ne viene annichilito meno di uno, non proprio un successo ingegneristico. Basta comunque a generare una potenza di 16 kilotoni. Sarebbe assurdo cercare di descrivere a parole quello che è accaduto in quel momento. A Hiroshima morirono istantaneamente per l'esplosione nucleare tra le 66mila e le 78mila persone e una cifra simile rimase ferita.

Il dopo, il dopo degli abitanti invece è un inferno parzialmente raccontabile. Lo ha fatto lo scrittore giapponese Hara Tamiki (1905-1951) che sopravvisse all'attacco su Hiroshima per poi suicidarsi, buttandosi sotto un treno, a Tokyo, pochi anni dopo. C'è un suo racconto che si chiama Il fiore dell'estate ed è la descrizione degli effetti dell'attacco su Motomachi, a circa un chilometro e mezzo dall'ipocentro. Scatta a parole fotogrammi dell'orrore: "Fu allora che, lungo lo stretto sentiero di pietra che costeggiava l'acqua, per la prima volta vidi una moltitudine di persone in condizioni indescrivibili... Sia in alto che in basso lungo la riva vi erano corpi umani che proiettavano ombre nell'acqua. Uomini? Donne? Era quasi impossibile distinguerli: i volti gonfi erano totalmente deformati, gli occhi ridotti a fessure, le labbra completamente ulcerate". Ci vogliono ore perché dal deserto di cenere, fustigato da una pioggia radioattiva, le notizie arrivino al resto di un Paese che si preparava a resistere agli americani casa per casa, "a costo di mangiare pietre" come avevano teorizzati i membri più folli della giunta militare. E invece ora una nazione guerriera è sbriciolata, annichilita, perché non c'è acciaio di katana che possa resistere a un sole che scende sulla terra e vaporizza soldati, donne, vecchi, bambini... Anche i cani. Quelli che vagando tra le macerie vedono su una parete l'ombra di un cane stampata dalle radiazioni che lo hanno disintegrato. Nemmeno il tempo di riuscire ad organizzarsi per il governo del Mikado e cade la seconda bomba. Nessuno sa quante ne abbiano i militari americani. Hiroito sceglie di fare quello che meditava dal bombardamento, centinaia di migliaia di ordigni al napalm, su Tokyo avvenuto a marzo (almeno 83mila morti): arrendersi.

Ma non è solo questione di morti, l'atomo ha portato la guerra in una dimensione diversa. L'eventualità che l'uomo possa autodistruggersi diventa un fatto incontrovertibile. L'arma della fine del mondo esiste e la cosa più incredibile è che in moltissimi, sull'onda dei giornali, ne accolsero l'arrivo con gioia. In tutto il mondo.

Come ebbe a ricordare anni dopo Guido Ceronetti: "Quel che non dimenticherò è l'allegria generale, creata dai giornali e rimbalzata su tutte le facce, dopo la bomba di Hiroshima: Questo fa finire la guerra: tutte le guerre, per sempre Siamo entrati in un'epoca di prodigi mai visti. Era sbarcato Cortés e gli Indiani poveretti accoglievano come un Dio il loro massacratore". Il Dio del massacro è ancora qui, silente ma qui.

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