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Adesso anche il decreto sicurezza bis finisce all'esame della Consulta

Dopo il ricorso del tribunale di Milano sul primo decreto sicurezza, adesso i giudici della Conulta dovranno esaminare anche il decreto sicurezza bis dopo l'impugnazione del tribunale di Torino

Adesso anche il decreto sicurezza bis finisce all'esame della Consulta

Nel momento dell’insediamento del nuovo governo, l’area più rossa della maggioranza giallorossa aveva promesso di smontare, in tempi brevi, “pezzo dopo pezzo” i decreti sicurezza voluti principalmente da Matteo Salvini.

Ad oggi, questo compito sembra essere stato demandato però unicamente alla sfera giurisprudenziale e non politica. Il governo Conte II, nonostante i proclami provenienti soprattutto dalle parti più vicine alla sinistra del Pd, non ha formalmente avviato né revisioni e né cancellazioni delle norme firmate dall’ex ministro dell’interno.

Sul tavolo nelle settimane scorse è stato messo un piano elaborato dall’attuale titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, su cui però la maggioranza ha iniziato subito a litigare rinviando sine die la discussione.

Dunque, come detto, è sul fronte della giurisprudenza che potrebbero principalmente arrivare le “picconate” nei confronti dei decreti, così come sperato da mesi dai detrattori del segretario del carroccio.

Attualmente alla Consulta è in discussione una parte del primo decreto sicurezza, quello approvato nel mese di ottobre 2018 e convertito in legge nel dicembre successivo. Così come raccontato nei giorni scorsi, i giudici della Consulta hanno iniziato l’esame sulla norma contenuta dal decreto riguardante il divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo.

Si tratta di un punto impugnato dal tribunale di Milano, secondo cui sono presenti diversi possibili profili di illegittimità costituzionale. Nei giorni scorsi invece, si è avuta la notizia di un nuovo ricorso alla Consulta, questa volta promosso dal tribunale di Torino e che ha come oggetto una parte del secondo decreto sicurezza, quello cioè approvato nell’agosto 2019.

Questa volta però, il dito non è puntato su una norma riguardante l’immigrazione. Il testo voluto da Salvini, oltre ai tanto contestati passaggi su migranti ed Ong, ha compreso un insieme di iniziative legislative afferenti per intero il tema della sicurezza. Secondo i giudici del capoluogo torinese, in particolare, è da sottoporre al parere della consulta la norma che prevede il divieto di applicare la non punibilità per "particolare tenuità del fatto" ai tre reati di resistenza, oltraggio e violenza e minaccia a un pubblico ufficiale "nell' esercizio delle proprie funzioni".

Si tratta di un passaggio su cui sono già arrivati nei mesi scorsi i rilievi da parte del Quirinale. L’impugnazione del tribunale di Torino ha avuto come base un caso riguardante un cittadino cinese, risalente al 7 gennaio scorso. L.J, di nazionalità cinese, è stato ritrovato ubriaco in una via del capoluogo piemontese da alcuni poliziotti. Secondo la ricostruzione fornita dagli inquirenti, dopo aver saputo dalla Cina che il padre era in fin di vita, L.J. ha reagito bevendo diverse bottiglie dal cotenuto alcolico, fino ad ubriacarsi.

Gli agenti della Polizia che lo hanno soccorso e trasferito nel commissariato per gli accertamenti, hanno subito in un paio di momento un tentativo di aggressione. In particolare, pare che il ragazzo abbia provato a colpire i poliziotti, senza per fortuna riuscirci. Un episodio inquadrabile, secondo il giudice che ha esaminato il caso, nell’ipotesi di reato di resistenza a pubblico ufficiale. Tuttavia, lo stesso magistrato ritiene di non dover procedere a punire il giovane per via della “tenuità del fatto”.

Ma proprio quella della resistenza a pubblico ufficiale è una tra le fattispecie sopra descritte per le quali, secondo il decreto sicurezza bis, non è applicabile la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Dunque, il ragazzo cinese andrebbe ugualmente punito, ma per il tribunale di Torino su questo punto della norma voluta da Salvini potrebbe esistere un profilo di incostituzionalità.

E così, ecco che è stata promossa l’impugnazione e la rimessa alla Consulta, la quale adesso dovrà esaminare i presunti profili di illegittimità costituzionale.

In particolare, secondo i giudici torinesi il decreto sicurezza bis in questo caso violerebbe gli articoli 3 e 27 della Costituzione, con riferimento ai principi di uguaglianza di trattamento e funzione rieducativa della pena.

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