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Alberto a sorpresa in aula. La rabbia dei Poggi: "È colpevole, se ne vada"

I sorrisi alle telecamere. I genitori di Chiara: "Si rovina la vita agli innocenti"

Alberto a sorpresa in aula. La rabbia dei Poggi: "È colpevole, se ne vada"
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Il ragazzo è diventato uomo, i media se lo trovano davanti all'improvviso. Giusto 16 anni fa, a una manciata di chilometri da qui, Alberto Stasi usciva a testa alta dal tribunale di Vigevano, assolto con formula piena dall'accusa di omicidio: ed era convinto che fosse la fine di un incubo. La storia, come si sa, è andata diversamente. E alle nove e mezza di ieri mattina Stasi entra nel tribunale di Vigevano, coi suoi dieci anni di galera sulle spalle, e non è una scelta casuale. Perché Stasi è convinto che qui, nella lotta dura e a volte astrusa tra i genetisti dell'una e dell'altra parte, si mettano le basi per riconoscere la sua innocenza. Attraversa silenzioso il muro, si siede accanto ai suoi avvocati, non perde una parola. Ma quando esce sembra lo stesso di sedici anni fa: "Non posso parlare, abbiate pazienza, lasciatemi andare". D'altronde per un'intervista ha già rischiato che gli togliessero la semilibertà. Ma per lui parla il corpo, lo sguardo affaticato e sorridente, come dicesse: vado anche oggi a testa alta, come 16 anni fa. Perché lì dentro, nell'aula affollata, ha sentito Denise Albani, il perito che per la giustizia ha tirato le somme delle nuove indagini, dire l'unica cosa che a lui importa davvero: sul corpo di Chiara il dna di Stasi non c'è.

Dei processi a suo carico, non si è mai persa un'udienza. Ma quella di ieri non è un'udienza qualunque, è un passaggio quasi soltanto tecnico. Ma cruciale. "Stasi è presente perché questa vicenda lo riguarda" dicono i suoi legali, uscendo. Lui. Alberto, in aula è rimasto seduto tra di loro, Giada Bocellari e Antonio De Rensis, ascoltando il perito e i consulenti, riempiendo come sempre pagine e pagine di appunti, attento a capire se qualcosa nel mulinare di domande, obiezioni, critiche, potesse scalfire le certezze cui la Albani è arrivata. Gli avvocati della famiglia di Chiara ribadiscono che "è lui il colpevole", che "così si rovina la vita agli innocenti" e provano a farlo allontanare, senza riuscirci. Ma anche al muro invalicabile che continua a separarlo dai genitori della sua ragazza, ormai Stasi è rassegnato. La perizia Albani, alla fine, esce incolume dal controesame. E anche per questo Stasi affronta poi il muro delle telecamere quasi a cuor leggero. In passato aveva dato segni di insofferenza verso l'assedio dei media, ieri invece lo attraversa senza patemi. Poi via, in auto, verso Milano, insieme ai suoi avvocati, per un lungo incontro a fare il bilancio della giornata. Com'è andata? "È andata come doveva andare. È andata bene". Però c'è qualcosa che in aula ha preso forma, e che Stasi non riesce ad affrontare con sollievo. È la conferma vistosa che la sua assenza dalla scena del crimine non è una novità saltata fuori in questi giorni, una certezza cui il vecchio processo non poteva arrivare. Già nel 2014, nel processo che dopo due assoluzioni lo dichiarò colpevole, con la stessa nettezza si poteva dire che nulla lo legava all'assassino brutale che il 13 agosto aveva infierito su Chiara. È questo che Stasi fatica a digerire, ora che si avvia alla fine della sua condanna.

Poi c'è il resto, la pista che porta a Andrea Sempio, della cui

consistenza i suoi legali sono certi. Anche di questo ieri Stasi ascolta con attenzione i periti parlare. Ma il primo ricordo che ieri sera si porta in cella, a Bollate, è quello che parla di lui, e del sui Dna che non c'è.

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