Guerra in Ucraina

Ancora bombe sui civili ucraini "Più di 20 morti, ci sono bimbi"

Colpita Vinnytsia. Zelensky: "Rapiti 200mila minori". Biden: "Putin deve fallire". Grano, ottimismo sui corridoi

Ancora bombe sui civili ucraini "Più di 20 morti, ci sono bimbi"

Con le strade piene di gente, ieri a metà mattina, i russi hanno puntato i loro missili da crociera lanciati da un sottomarino schierato nel Mar Nero su edifici civili sull'incrocio principale di Vinnytsia, una città dell'Ucraina centrale lontana dal fronte della guerra, colpendo 55 edifici, tra cui un supermercato, e facendo una nuova carneficina a tre settimane di distanza dal raid con decine di morti sul centro commerciale di Kremenchuck. Nel pomeriggio il bilancio dell'attacco era di 21 vittime, tra cui 3 bambini, mentre i soccorritori cercavano tra le macerie altre 47 persone. Ci sono anche 52 feriti, di cui 34 gravi.ù

In un video pubblicato dal consigliere del ministero dell'Interno, Anton Gerashchenko, si vede anche un missile caduto vicino al nuovo ospedale per la maternità, nei pressi del quale è stato abbandonato un passeggino insanguinato. «Le immagini inquietanti da Vinnytsia sono una prova del fatto che la Russia non fermerà la sua barbarie», dice su Telegram il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, parlando di «genocidio». Su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, avverte: «Metteremo sotto processo i criminali di guerra russi per ogni goccia di sangue e ogni lacrima degli ucraini». Durissimo sui social il presidente Volodymyr Zelensky: «Ogni giorno la Russia distrugge la popolazione civile, uccide bambini ucraini, dirige razzi contro obiettivi civili. Che cos'è questo, se non un atto di terrorismo aperto? È un Paese assassino. Un Paese terrorista». Intervenendo ad una conferenza all'Aia sulla responsabilità della Russia per i crimini in Ucraina, il presidente ucraino ha chiesto un «tribunale speciale» per indagare sull'invasione russa del suo Paese «perché le istituzioni esistenti non possono assicurare alla giustizia tutti i colpevoli». Durante il suo discorso in videoconferenza, Zelesnky ha accusato Mosca di aver «rapito» circa 200mila bambini ucraini, «decine di migliaia dei quali» sarebbero stati «uccisi, torturati e mutilati».

Mentre Mosca continua ad attaccare in maniera indiscriminata obiettivi civili, l'offensiva procede a rilento. Nelle ultime ore, secondo l'intelligence britannica, non si sono registrati significativi progressi nell'offensiva delle forze russe nel Donbass. Si starebbe piuttosto assistendo ad una diminuzione del fuoco di artiglieria russo, in concomitanza della consegna da parte degli Stati Uniti dei nuovi lanciarazzi Himars grazie ai quali gli ucraini stanno colpendo i depositi di munizioni russi. Le forze di Mosca hanno però tentato di attaccare l'isola dei Serpenti, nel Mar Nero, ma le bombe sarebbero finite in mare.

Il presidente Vladimir Putin, intanto, ha firmato alcune leggi di guerra fra cui una serie di misure speciali in cui spiccano «lo sblocco delle capacità di riserva dello Stato e l'impegno provvisorio di capacità e siti di mobilitazione». Uno dei provvedimenti indica con il termine denigratorio «sovietico» tutti coloro che sono vittime di «influenza straniera» o che partecipano ad attività contro gli interessi nazionali o che ricevono sostegno di qualsiasi tipo dall'estero. Da Tel Aviv intanto il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è tornato ad esprimere con il premier israeliano, Yair Lapid, il suo impegno per la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina: «La guerra di Putin deve essere un fallimento, gli Stati Uniti continueranno a sostenere l'Ucraina e il suo popolo».

I razzi continuano a prendere di mira anche i campi di grano. Ieri Mosca ne ha sparati sei alla periferia di Bashtanka, nella regione di Mykolayiv, riducendo in cenere i raccolti. Questo mentre è imminente un nuovo round di negoziati sull'esportazione. Il 20 e il 21 luglio si incontreranno le delegazioni militari di Kiev e Mosca, con la mediazione di Turchia e Onu. Sono allo studio i dettagli di un documento per l'istituzione di un centro di coordinamento, in cui lavoreranno militari e rappresentanti delle dogane delle parti, a Istanbul sotto l'egida delle nazioni Unite.

Il centro effettuerà anche un controllo degli ingressi e delle uscite dai porti e garantirà la sicurezza dei cargo.

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