
Il "fantasma", nuovo capo militare di Hamas a Gaza, la strategia del premier israeliano "tutto o niente", il rischio di un'ondata di attentati e rappresaglie sugli ostaggi, l'annessione parziale della Cisgiordania. Tutti tasselli del delicato puzzle esploso con le bombe dello Stato ebraico sganciate sui capi di Hamas a Doha. La prima domanda è se l'intera squadra negoziale sia stata decapitata oppure no. Israele, forse per attivare la trappola, aveva aperto all'ultima proposta dei mediatori, come il Qatar, costringendo il Consiglio della Shura di Hamas, composto da 5 membri in esilio, a riunirsi a Doha dove sono stati colpiti dai caccia di Bibi Netanyahu. Non è escluso, però, che gli israeliani abbiano puntato a decapitare solo i falchi delle trattative per sbloccare la situazione: il capo negoziatore Khalil al-Hayya e il cassiere di Hamas, Zaher Jabarin. Chiunque sia sopravvissuto avrà ben chiaro che nemmeno i negoziatori, dalla vita agiata all'estero, non nelle macerie di Gaza, sono al sicuro. L'attacco mirato puntava a eliminare non solo i "falchi", ma la melina di Hamas, che ha sempre usato il tempo a suo favore diluendo le proposte all'infinito. Una tattica dettata dal convincimento che l'indignazione dell'opinione pubblica nel mondo e le pressioni della comunità internazionale giocano a loro favore. Le bombe israeliane hanno spezzato questo meccanismo cinico sulla pelle dei palestinesi di Gaza e degli ostaggi, ma lo scenario che si apre è tutto da decifrare. Già prima dell'attacco a Doha il capo militare di Hamas nella Striscia, Izz al-Din al-Haddad, aveva poteri di veto su qualsiasi accordo. Adesso potrebbe essere tutto nelle sue mani. E forse non è un male. Secondo alcune fonti al-Haddad sarebbe disponibile ad accettare il piano americano che prevede la liberazione di tutti gli ostaggi, vivi e morti, oltre che una smilitarizzazione di Hamas e probabilmente un salvacondotto per l'estero. L'ottavo capo jihadista a Gaza, dopo l'uccisione dei fratelli Sinwar, che controlla i resti delle brigate Qassam, è soprannominato "il fantasma". Paffutello, barbone islamico d'ordinanza, è venuto su dalla gavetta cominciando come comandante di una compagnia di Hamas. La notte precedente al 7 ottobre ha distribuito ai suoi uomini gli ordini crudeli sulla strage e la presa di ostaggi. Lo scorso anno è stato nominato comandante del Nord di Gaza, che comprendeva 14 battaglioni jihadisti. Gli israeliani hanno cercato di farlo fuori sei volte e messo una taglia di 750mila dollari, cifra importante nella Striscia, per qualsiasi informazioni sul "fantasma". In maggio è succeduto a Mohammed Sinwar sepolto dalle bombe israeliane. In luglio l'inviato americano Steve Witkoff ha abbandonato le trattative addossando la colpa dello stallo ad Hamas dettato dai "falchi" di Doha. Il "fantasma" sarebbe stato risposto a maggiori concessioni. Adesso gli israeliani, attraverso lo Shin Bet, l'intelligence interna, potrebbero trattare direttamente, come fece il Mossad nel 1982 con Yasser Arafat, grazie alla mediazione americana dell'allora presidente Reagan, a Beirut. La svolta dell'attacco mirato a Doha e la contemporanea offensiva su Gaza city, però, sono delle linee rosse per Hamas, che potrebbe chiamare alle armi la Cisgiordania e scatenare rappresaglie terroristiche. Il primo segnale è l'attentato di due giorni fa a Gerusalemme.
La ventilata annessione di una parte della Cisgiordania è altra benzina sul fuoco. Una rappresaglia alle minacce di riconoscimento della Palestina all'assemblea dell'Onu, in queste ore, da parte di nazioni europee come la Francia. Non solo significherebbe la fine della chimera di "due popoli, due stati", ma porterebbe all'estinzione dell'Autorità nazionale palestinese.
L'accelerazione del conflitto impressa da Netanyahu è iniziata con la richiesta di liberare tutti gli ostaggi assieme, vivi o morti, e puntare al disarmo, se non alla capitolazione di Hamas. "Tutto o niente", ma il rischio è che gli rimanga nelle mani una montagna di palestinesi uccisi e pure la morte degli ultimi 20 ostaggi sopravvissuti, per rappresaglia o sotto le bombe.