Cambia il clima? Non è colpa dell'Italia

La Corte di Strasburgo rigetta il ricorso di due donne: "Malate a causa dei governi"

Cambia il clima? Non è colpa dell'Italia
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È colpa del governo se ho caldo d'estate, se ho i malanni di stagione e pure i brufoli, se ho l'ansia che non mi fa uscire di casa. Noi ridiamo, ma la Corte europea ha dovuto occuparsi anche di questo: di due italiane che nel 2021 hanno fatto ricorso contro «l'inazione dei governi contro il cambiamento climatico» perché ossia sarebbero loro, i governi, ad aver causato i loro problemi di salute. Queste due italiane che hanno unito il Paese (perché una è di Belluno e l'altra è di Matera, 950 chilometri una dall'altra) sono state mandate appunto a quel paese dalla Corte Europea, che ha respinto il ricorso, e noi ora ridiano, ma solo l'anno prima, nel 2020, un gruppo di vecchie svizzere aveva fatto ricorso contro appunto la Svizzera e aveva vinto, poi ci avevano provato pure dei ragazzi in Portogallo e avevano perso, però insomma, provarci ci stava: anche se le due trentenni italiane «non hanno fornito alcuna prova delle loro affermazioni». Una, in effetti, aveva semplicemente detto che «il disagio provato per i cambiamenti climatici ha avuto ripercussioni negative sulla sua salute mentale» (e non abbiamo dubbi: il rispetto innanzitutto) e l'altra, invece, aveva lamentato «il caldo estremo nei mesi estivi allergie, eruzioni cutanee» più altri seri problemi per cui non valeva la pena ricorrere, chessò, a una farmacia, a un medico, alla giustizia ordinaria italiana: c'era da inoltrare assolutamente ricorso alla Corte Europea.

Noi ridiamo ma abbiamo poco da ridere, perché proprio ieri il Comune di Bologna ha spiegato ufficialmente che le buche stradali che tormentano la città (raddoppiate in tre anni: da 5mila interventi a quasi 10mila) sono un effetto del cambiamento climatico: pure quelle, già, l'ha detto l'assessore ai lavori pubblici Francesco Garofano; non è che la manutenzione a Bologna è carente o che i lavori sono eseguiti da schifo. E poi l'aveva già detto nel 2017 anche un'altra fonte autorevolissima, il sindaco Virginia Raggi: le buche e il sistema fognario in eruzione e le strade allagate, a Roma, erano tutte indice del global warming; pazienza se due anni prima la stessa Raggi invocava le dimissioni del sindaco Ignazio Marino per gli stessi problemi. Ma l'associazione tra buche e cambiamento climatico, solo l'anno scorso, aveva proposta anche il sindaco milanese Giuseppe Sala: e allora, domanda, di che stupirsi se anche a Sedico (Belluno) e a Rescaldina (Matera) due donne la pensano allo stesso modo e quindi fanno una causa alla Corte Europea?

È da anni che impera il messaggio secondo cui il cambiamento climatico sta distruggendo il nostro Pianeta e minaccia di ucciderci tutti, ovviamente per espressa ed esclusiva responsabilità dell'uomo moderno. È da anni che leggiamo che il riscaldamento globale potrebbe condurre in breve tempo all'estinzione del genere umano. È da anni che ogni dato che non confermi questo trend viene chiamato negazionismo o quantomeno sottovalutato. Nel novembre dell'anno scorso, il rischio climatico si è confermato per il terzo anno consecutivo il più temuto in tutti i Paesi del mondo: lo diceva l'undicesima edizione del Future Risks Report (indagine realizzata da Axa-Ipsos) mentre al secondo posto dei rischi temuti (solo al secondo) c'era l'instabilità geopolitica, in coerenza con lo scenario di attualità e con una maggior evidenza nelle regioni interessate dalle guerre.

Ma da noi, in Italia, la guerra non c'è, e il rischio climatico si è confermato al primo posto tra quelli ritenuti più preoccupanti: anni di martellamento hanno prodotto il loro effetto, ormai c'è una «eco ansia» generalizzata, anche se non è ancora stata riconosciuta da nessun organismo sanitario mondiale e tantomeno dall'American Psychological Association, abituata a riconoscere qualsiasi cosa. Quindi c'è da aspettare che la fobia passi, che la nottata passi, che l'estate passi, e intanto possiamo solo riderne, e ridiamo.

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