Il capo di Hamas è l'ombra al-Haddad. Nei tunnel coi rapiti non vuole negoziare

Irrintracciabile anche per i mediatori di Doha. È rintanato tra le rovine di Gaza

Il capo di Hamas è l'ombra al-Haddad. Nei tunnel coi rapiti non vuole negoziare
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Per i militanti di Hamas è sempre stato il "fantasma". Un comandante invisibile che nessuno sa mai dove si nasconda. Anche per questo, nonostante una taglia da 750mila dollari, è sopravvissuto ad almeno cinque o sei tentativi israeliani di eliminarlo. Ma ora l'elusività di Ezzedine al-Haddad, nuovo numero uno di Hamas nella Striscia con il nome di battaglia di "Abu Suhaib", sta diventando un paradosso. Soprattutto per il suo nemico.

Dopo aver fatto fuori tutti i suoi predecessori, Israele si ritrova a far i conti con un'ombra inafferrabile. Un'ombra che, a fronte di innegabili trascorsi militari, stenta ad esibire un equivalente carisma politico. Soprattutto quando si tratta di assumere importanti decisioni negoziali. Un limite non da poco che costringe Hamas a concordare le proprie decisioni con la Jihad Islamica e gli altri gruppi armati da cui dipende la gestione degli ostaggi. Anche per questo da quando - passati a miglior vita Ismail Haniye e i due fratelli Sinwar - la barra del comando è nelle sue mani, la trattativa appare continuamente compromessa da condizioni inaccettabili e lentezze decisionali. O, persino, dall'incapacità dei mediatori qatarioti di comunicare con "il fantasma". Un bel problema anche per Khalil al-Hayya il dirigente di Hamas a Doha incaricato di tenere i contatti con lui. Anche perché ad al-Haddad la trattativa sembra interessare poco.

La sua carriera di militante fondamentalista e terrorista inizia nel lontano 1987. A quel tempo Hamas è un'organizzazione allo stato embrionale e lui solo un'adolescente. Ma già allora dimostra un'innata capacità di combattere e sopravvivere. Grazie a queste due qualità scala i vertici militari della formazione e si trasforma in comandante influente e spietato. Non a caso si ritrova alla guida di Al Majid, la "sicurezza interna" incaricata d'individuare spie e collaboratori d'Israele. Ma l'importanza del suo ruolo emerge solo all'indomani del 7 ottobre quando gli investigatori dello Shin Bet scoprono che ben sei brigate e un'unità speciale incaricate di attaccare gli insediamenti intorno alla Striscia operavano sotto la sua direzione. Quel giorno è lui a raccomandare di filmare e trasmettere in diretta la presa degli insediamenti e di tornare a Gaza portando con sé più ostaggi possibili.

"Confidate in Dio, combattete con coraggio, agite con la coscienza pulita e lasciate che le grida di Allahu Akbar siano la gloria" raccomanda Al Haddad prima dell'assalto. Dopo quella scoperta Israele moltiplica i tentativi di eliminarlo. Ma senza successo. Nel dicembre 2023 il "fantasma" scompare da un nascondiglio nel quartiere di Tuffah poco prima dell'arrivo dei militari israeliani. Nel febbraio 2024 sopravvive alle bombe cadute su una sua tana nel quartiere di Tel al Hawa. La sua fama, intanto, è in continua ascesa. E Al Haddad la alimenta rilasciando un'intervista ad Al Jazeera in cui fornisce dettagli inediti sugli assalti del 7 ottobre.

La sua nomina a indiscusso leader di Hamas nella Striscia arriva dopo l'uccisione di Mohammed Deif, imprendibile capo storico dell'ala militare, e quelle dei fratelli Yahya e Mohammad Sinwar. Ma il suo regno nel frattempo si è fatto sempre più angusto. Per resistere ad un esercito israeliano padrone del 75 per cento della Striscia Al Haddad avrebbe scelto di rintanarsi tra le rovine di Gaza.

Un deserto di macerie e un labirinto di tunnel inesplorati dove si muove con la solita oculatezza visto anche i suoi trascorsi di comandante della Brigata che operava nella città. Un deserto dove ha trascinato gli ultimi ostaggi, ma da dove riesce sempre più raramente a tirar fuori la testa.

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