
"Tutti diritti, zero doveri: è questo che ha rovinato la nostra società negli ultimi cinquant'anni". Parte da qui, dal buonsenso come principio rivoluzionario, la presentazione dell'ultimo libro del Ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara - La rivoluzione del buon senso. Per un Paese normale - intervistato ieri dal direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti nel salotto estivo della Versiliana a Marina di Pietrasanta.
Un dialogo serrato che ha messo al centro il cuore delle sfide del presente: la scuola, certo, ma anche la cultura del merito, il rispetto dell'autorità, la sicurezza, l'integrazione. Non è stata la presentazione di un libro, ma un confronto sul senso stesso di cosa significhi educare e governare oggi. E Valditara non ha esitato a puntare il dito contro un "fronte variegato Cgil, Pd, Avs, M5S - colpevole, a suo dire, di portare avanti battaglie preconcette, fuori dal tempo. "Mi sono trovato davanti a obiezioni che in qualsiasi altro Paese nemmeno verrebbero prese sul serio", ha detto, citando la polemica esplosa attorno al modello formativo 4+2, pensato per avvicinare scuola e mondo del lavoro. "Mi hanno accusato di voler mettere gli studenti al servizio delle imprese. Eppure, in tutto il mondo, ministri di ogni colore politico mi dicono che questo collegamento è essenziale".
Altro che sfruttamento: qui si tratta di preparare i giovani a un futuro reale. Un futuro che rischiano di non avere se non s'inverte la rotta. "Nel 2027, il 47% dei posti richiesti dalle imprese non potrà essere coperto per mancanza di competenze". Un dato che dovrebbe allarmare tutti, ma che trova ancora resistenze ideologiche.
Perché il problema, secondo Valditara, è che la sinistra preferisce il sogno alla realtà. "Sono rimasti all'odio per il merito. Lo abbiamo visto con chi dice no ai voti, no alle valutazioni, perché sarebbero discriminanti. Ma il merito non è eccellenza per pochi: è tirare fuori il talento di ciascuno".
C'è poi il concetto di "autorità", bersaglio di accuse che il ministro respinge con forza. "Autorità non è autoritarismo. L'autorità rafforza chi la riceve, è legata all'autorevolezza, al rispetto. È questo che vogliamo insegnare ai ragazzi. Chi sbaglia paga: un principio sacrosanto". Un'idea scomoda per chi, come certi sindacati, si oppone perfino all'introduzione di un'assicurazione sanitaria integrativa per i docenti. "Abbiamo stanziato 260 milioni di euro, e c'è chi dice no per principio".
C'è poi l'integrazione dei ragazzi stranieri: "Oggi un terzo di loro non finisce nemmeno la scuola dell'obbligo. È un fallimento collettivo. E quando propongo di creare classi-ponte per insegnare l'italiano, mi si dà del razzista. Ma che integrazione è, se non si parte dalla lingua?".
Ed è proprio in questo rovesciamento della realtà che, per Valditara, si cela il paradosso del wokismo. "Oggi si parla di lotta al razzismo, ma si intende la lotta ai confini, il diritto assoluto a immigrare. Ma io posso uscire da casa mia, non per forza entrare in quella degli altri. Se cancelliamo i confini, cancelliamo gli Stati. E quindi anche la democrazia".
Alla fine, il ritorno al punto di partenza: la scuola. Ma non quella appiattita sull'egualitarismo, bensì una scuola che riconosca e valorizzi le differenze. "Ecco perché noi siamo diversi: noi siamo per le differenze che vanno valorizzate, la scuola dei talenti, una scuola che possa tirare fuori tutti i talenti diversi. Queste intelligenze vanno valorizzate, potenziate, ma con l'impegno: se non ti impegni, allora è un problema tuo".
A chi gli chiede se la sfida è possibile, Valditara risponde secco: "La stiamo già vincendo.
Gli scioperi dei sindacati hanno avuto solo il 6% di adesioni. Ho l'appoggio del governo, del premier, del mio leader Matteo Salvini. Io vado avanti. Perché questa battaglia non è di parte. È una battaglia per il buonsenso". E il buonsenso non ha colore.