Cronaca internazionale

Così le "ragazze pigre" insegnano agli States a imboscarsi sul lavoro

Spopola su TikTok l'hashtag che dà consigli su come "sbattersi" meno guadagnando bene

Così le "ragazze pigre" insegnano agli States a imboscarsi sul lavoro

Ascolta ora: "Così le "ragazze pigre" insegnano agli States a imboscarsi sul lavoro"

Così le "ragazze pigre" insegnano agli States a imboscarsi sul lavoro

00:00 / 00:00
100 %

Dice: l'America è il Paese in cui se lavori duro puoi realizzare tutti i tuoi sogni. Un tempo, forse. Ci aveva già pensato la sit-comn The Office a smontare questo mito, descrivendo un'azienda che vende carta in cui sia il capo sia gli impiegati sono impegnati a fare tutto tranne che lavorare, più o meno come in Fantozzi o in qualsiasi ministero medio romano. Ora poi è arrivato l'hashtag «Lazy girl job», letteralmente «Il pigro lavoro delle ragazze» a sdoganare definitivamente il fancazzismo retribuito negli operosi Stati Uniti.

Siamo certi che nemmeno le creatrici del format si aspettassero un tale successo: 17 milioni di visualizzazione e una marea crescente di giovani donne che spiegano come riescono a ottenere sul posto di lavoro il massimo risultato con il minimo sforzo. Già, perché è proprio questo lo scopo di LGJ: convincere le donne americane (ma anche gli uomini svizzeri) che lavorare il meno possibile guadagnando tra i 5 e i 6mila dollari al mese non solo è possibile ma non è nemmeno esecrabile da un punto di vista etico.

L'account fornisce accurati consigli su come diminuire la produttività senza intaccare lo stipendio e ospita accese discussioni e testimonianze sul tema. La sua creatrice, tale Gabrielle Judge, 26 anni, è convinta che si tratti di un antidoto alla cultura del darsi da fare a tutti i costi, del non dire mai di no «altrimenti non cresco», dello stress quotidiano che poi sfocia nelle dimissioni per disperazione. In una parola: dello sfruttamento. Naturalmente è un tema che riguarda soprattutto le donne, e non è un caso che il concetto sia stato declinato quindi al femminile, anche se anche molti maschietti attingono al know how delle colleghe sfaccendate. Judge incoraggia anche gli uomini a fare loro il tema della consapevolezza delle «aspettative tossiche sul posto di lavoro». Insomma, la pigrizia non c'entra nulla. Semmai, c'entra la capacità di una donna di trasformare in un'operazione di marketing, e di conseguenza in occasione di guadagno, l'incoraggiamento al luddismo consapevole.

«Una ragazza pigra - spiega Judge - può rivelarsi utile per i colleghi al lavoro, controbilanciando il clima lavorativo esasperato», e dimostrando con l'esempio che valorizzare altre priorità, come la vita privata, gli affetti, la sensazione gratificante di godersi la vita fa bene alla mente e al corpo delle persone. Judge è convinta che la strategia della ragazza pigra ma con un buon stipendio sia però solo per persone laureate, visto che sono i lavori da colletto bianco quelli in cui può essere messa in pratica nella maniera più efficace. La Judge cita a esempio il marketing, un settore dove con un minimo di attenzione si può «fatturare» senza «darsi più di tanto».

La filosofia delle ragazze pigre ha attecchito soprattutto tra gli esponenti della Gen Z. pvvero gli under 30, che in molti meme sottolineano il loro approccio al lavoro molto più rilassato rispetto ai boomers (nati prima del 1965), ma anche alla Gen X (i nati tra il 1965 e il 1980) e ai millennials (dal 1980 al 1995). «Nuovi modi di lavorare attirano sempre di più le giovani generazioni, più vocate a bilanciare il lavoro con gli altri aspetti della vita», dice al Reader's Digest l'esperta in carriera Akhila Satish, ceo di Meseekna, azienda che valuta e migliara le performance dei lavoratori.

Così la Judge è considerata dagli «under 30» (non è un caso che il suo boom sia avvenuto su TikTok) l'eroina degli ultimi o almeno dei penultimi, quelli disposti ad andare incontro a uno stigma sociale e a essere emarginati sul posti di lavoro per il fatto di non avere l'ossessione della carriera. Naturalmente il movimento LGJ ha trovato un forte impulso nell'epoca della pandemia, quando decine di milioni di persone si sono ritrovate a lavorare in remoto o addirittura a non lavorare proprio, riscoprendo dapprima per necessità e poi per piacere aspetti morbidi della vita a cui adesso, tornata la normalità, non hanno più voglia di rinunciare. Il software spesso è meglio dell'hardware. Lo hanno capito anche gli americani. Ma ora non fate quella faccia da Italians Do It Better.

E soprattutto la prossima volta che vi imboscherete per tre quarti d'ora di caffè, non sentitevi alla moda.

Commenti