Crolla la fiducia nel governo Netanyahu. "Liti con l'esercito e tre ministri in uscita"

Nei sondaggi il dato peggiore degli ultimi 20 anni. Ma lui smentisce gli screzi con i responsabili di Difesa e Forze armate: "Piena fiducia e unità di intenti"

Crolla la fiducia nel governo Netanyahu. "Liti con l'esercito e tre ministri in uscita"
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«Questa è una battaglia dell'umanità contro una ferocia barbara e inimmaginabile», dice Benjamin Netanyahu al primo ministro olandese Mark Rutte. «Ho attraversato le guerre, ho visto cose orribili, ma non ho mai visto cose così orribili. Questa è un battaglia per la nostra comune civiltà», ha insistito ieri il premier israeliano, a poco più di due settimane dal feroce attacco di Hamas. I leader occidentali si avvicendano senza sosta in Israele, per portare la propria solidarietà al Paese straziato dalla carneficina del 7 ottobre, frutto della furia islamista. Prima Joe Biden, poi il tedesco Olaf Scholz, il britannico Rishi Sunak e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ieri l'olandese Rutte e il greco Mitsotakis, oggi sarà la volta di Emmanuel Macron. Il mondo libero vuole mostrare il proprio sostegno a Israele come baluardo di democrazia in Medio Oriente.

Eppure, insieme agli attestati di solidarietà e vicinanza dei Paesi amici, crescono in Israele i malumori per una leadership accusata di non aver saputo prevedere e contenere l'attacco e adesso anche additata per la gestione della delicatissima situazione degli ostaggi. Mentre migliaia di famiglie piangono i propri cari e centinaia aspettano con ansia il loro ritorno, il premier «Bibi» - il più longevo della storia di Israele, dall'alto dei suoi 73 anni, di cui 16 passati al governo - è costretto a distrarre l'attenzione dalle sue manovre di guerra e dall'esecutivo di unità nazionale per smentire e mettere a tacere voci, indiscrezioni e persino «false notizie», come le bolla lui stesso.

Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, di Tel Aviv, «almeno tre ministri» israeliani sarebbero pronti a dare le dimissioni per obbligare Netanyahu ad assumersi pubblicamente le proprie responsabilità dopo la strage. Il giornale non fa i nomi dei tre ma rivela anche tensioni fra l'esercito e il premier. Tanto basta per spingere il capo del governo a una dichiarazione congiunta con il ministro della Difesa, Yoav Gallant, e il capo di stato maggiore dell'esercito, Herzi Halev, per precisare come i tre stiano lavorando «in stretta e piena collaborazione», per spiegare che c'è «piena, mutuale fiducia e una chiara unità di intenti» e per invitare i media a «evitare pubblicazioni false».

Ma il vento sembra soffiare sempre più contro «Bibi». E se già in molti erano convinti della sua fine politica dopo il conflitto, qualcuno scommette che le cose possano andare peggio se non arriverà un «mea culpa». Accusato di aver distratto il Paese dalla cruciale questione sicurezza, a causa della contestatissima riforma della giustizia, poi additato da chi aspetta il ritorno dei propri cari presi in ostaggio e teme l'offensiva sulla Striscia, Netanyahu non sembra avere dalla sua l'ampio sostegno che in genere raccolgono i leader di un Paese in guerra. Secondo un sondaggio Yedioth Ahronoth, il 75% degli israeliani ritiene che il primo ministro sia responsabile della mancata protezione delle comunità al confine con la Striscia di Gaza, colpite a sorpresa da Hamas mentre il Paese era impreparato a rispondere. Anche una rilevazione dell'Israel Democracy Institute spiega come la percentuale di chi ha fiducia nell'esecutivo sia scesa dal 28% di giugno al 20% di questi giorni, soprattutto fra gli elettori di centro-destra. È il punto peggiore degli ultimi vent'anni.

Una perdita che danneggia tutto il governo, il cui tasso di approvazione è sotto quello del premier, 14% contro il 22% di Netanyahu. Che sia proprio «Bibi» l'osservato speciale lo dicono altri due fattori. La fiducia nei media è cresciuta dal 25% al 39% e quella nell'esercito è a quota 87%.

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