Quel delirio ideologico che asseconda la rivolta: "Capitalismo genocida"

L'Occidente nemico degli antagonisti. Ma un pezzo della sinistra li coccola

Quel delirio ideologico che asseconda la rivolta: "Capitalismo genocida"
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Guardano Hamas e vedono dei compagni guerriglieri. Come gli ayatollah, da sempre: rivoluzionari che a volte sbagliano, a volte.

Guardano Israele e vedono non la democrazia, ma il capitalismo e l'Occidente, per definizione sfruttatore e colonialista, e quindi da combattere.

Questo è il punto. Un bel pezzo di sinistra, certo non solo italiana, legge tutto con gli occhiali allucinati dell'ideologia. E anche il dramma del Medio oriente, oggi, viene elaborato così, come un capitolo di una eterna lotta fra "oppressi e oppressori".

La narrazione si è fatta globale e produce slogan, striscioni e iniziative in serie, a ogni latitudine. L'apartheid, il genocidio, lo Stato di Palestina da riconoscere ora, unilateralmente. Parole d'ordine che prescindono dai dati di realtà.

Non c'entra più niente l'annosa questione arabo-israeliana, per come si è davvero sviluppata nel corso dei decenni, non c'è più spazio per le complesse contese territoriali e storiche, non c'è più memoria del 7 ottobre, o delle varie proposte di pace avanzate da Israele e respinte dalla controparte. Rimosse o cancellate. E anche la fine della drammatica guerra in corso resta sullo sfondo, quando entra in scena il fronte antagonista, che comprende i centri sociali violenti, ma non solo loro.

Ecco come nasce la strana "alleanza" tra gli antagonisti di casa nostra e le frange oltranziste dell'islam politico. Si sono uditi "intellettuali" che hanno qualificato il 7 ottobre come di un atto di "resistenza". E tutto un mondo che strizza l'occhio, minimizza, giustifica, fiancheggia. Questo mondo è vocato alla "lotta", più che alla pace. Ha in mente l'abbattimento di Israele, più di quanto non abbia a cuore la sorte dei palestinesi. E non a caso anche molte manifestazioni di ieri, come molte quelle che si sono susseguite dall'indomani del 7 ottobre, sono parse orientate più contro lo Stato ebraico più che a favore dei palestinesi. Era l'11 ottobre 2023, la settimana successiva al sanguinoso pogrom contro i kibbutz e i giovani del Nova Festival, in un sit-in nel centro di Milano, gli attacchi terroristici di quattro giorni prima nei volantini erano dipinti come "una pagina gloriosa" e i relatori al megafono scandivano parole di questo tenore: "Non vogliamo la pace, vogliamo la liberazione". E ieri, quando un deltaplano ha sorvolato i colli nei pressi di Firenze, un attivista "pro Pal" di Firenze ha pubblicato una post sui social con l'immagine del velivolo e la scritta in sovraimpressione "Do you remember?" (Ricordate?) e la bandiera palestinese accanto alla scritta. Un modo piuttosto evidente di evocare i deltaplani usati per gli attacchi del 7 ottobre.

E hanno voglia, gli esponenti della sinistra ufficiale italiana, a dire che "alcune centinaia di persone", viste in azione a Milano non rovinano una mobilitazione "bella", "imponente" e così via. Perché è la sinistra ufficiale che ha assecondato una narrazione unilaterale e manichea. Ancora ieri sul Manifesto si poteva leggere che "quanto avviene a Gaza è anche una forma estrema e terrificante del capitalismo": "L'eliminazione fisica di una popolazione considerata in eccesso, l'eliminazione degli indesiderati per garantire l'espansione economica, culturale, politica, geografica del sistema capitalistico-coloniale". D'altra parte Ilan Pappé non ha parlato di una "Palestina globale che deve sapersi opporre all'Israele globale"? Ha sottovalutato troppe cose, questa sinistra ufficiale: il boicottaggio di Israele ma non solo, anche gli slogan verbalmente violenti, le invocazioni all'Intifada, gli striscioni dal "Fiume al mare", le bandiere bruciate, i cartelli contro "i sionisti" nei locali e le contestazioni ai giornalisti "sionisti", "rei" cioè di essere ebrei che non intendono rinnegare lo Stato ebraico, attaccato su tutti i fronti.

Antagonisti e violenti sono stati coccolati nelle università, dove il clima è peggiorato tremendamente con le occupazioni illegali, le interruzioni delle attività didattiche e accademiche, gli ostracismi verso relatori e ospiti di eventi culturali. Antagonisti e violenti sono stati coccolati o tollerati nei 25 aprile delle aggressioni verbali contro la Brigata ebraica e in ogni dove. E ora la fanno da padroni.

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