Il Dna di "Ignoto 3"? Solo una contaminazione

Durante l'autopsia utilizzati strumenti non sterili. Il nuovo medico legale accerterà se Chiara si è difesa

Il Dna di "Ignoto 3"? Solo una contaminazione
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Ci mancava solo l'autopsia disinvolta. Tra gli strafalcioni della vecchia indagine su Garlasco, i pasticci che hanno reso l'inchiesta sulla morte di Chiara Poggi il 13 agosto 2017 un garbuglio dove afferrare la verità è impresa ardua, salta fuori anche la contaminazione dell'esame medico legale cui il corpo della povera giovane venne sottoposto nei laboratori dell'Università di Pavia. Uno stesso Dna trovato recentemente sui reperti di Chiara e rimasto finora senza autore è stato trovato sul corpo di un'altra persona esaminata negli stessi giorni dell'agosto 2017 nello stesso istituto. Unica spiegazione: 35283-114472, il campione di Dna trovato nella bocca di Chiara, appartiene a un medico o a un tecnico di laboratorio che partecipò all'esame, evidentemente senza le cautele necessarie a impedire la contaminazione con le altre tracce genetiche presenti sul corpo.

È appena il caso di ricordare la sarabanda di ipotesi che la scoperta del Dna senza nome aveva sollevato nelle settimane scorse. La traccia 35283-114472 portava verso un nuovo possibile colpevole, un "Ignoto 3" che avrebbe affiancato l'assassino di Chiara: sia che l'assassino fosse Alberto Stasi, condannato in via definitiva, sia che fosse Andrea Sempio, il nuovo indagato nell'indagine bis della Procura di Pavia. La comparsa di un secondo assassino sulla scena del delitto avrebbe costretto a riscrivere anche la dinamica dell'omicidio come è stata finora ricostruita.

Invece Ignoto 3 non esiste. In uno dei suoi rari comunicati, diffuso ieri mattina, la Procura di Pavia racconta che il Dna anomalo era stato trovato su una garza utilizzata diciotto anni fa per i tamponi della bocca di Chiara Poggi, e che "vagliando la possibilità che tale profilo fosse stato originato da una contaminazione involontaria nell'esame autoptico prodotta dall'utilizzo di un supporto non sterile, nello specifico una garza e/o una pinza utilizzata per trattenere tale garza ed eseguire il prelievo nel cavo orale" sono stati esaminate altre cinque autopsie eseguite negli stessi giorni. Una di questi confronti ha dato esito positivo, il Dna trovato sul corpo di un uomo - identificato col codice 153E - è risultato compatibile col campione genetico che stava sulla garza usata per tamponare Chiara.

Le contaminazioni da laboratorio sono sempre possibili. Ma che una in una indagine cruciale come quella di Garlasco la sciatteria abbia regnato anche in sala autoptica è un dettaglio increscioso che va ad aggiungersi ai tanti - come le impronte digitali o delle scarpe lasciate dai carabinieri sul luogo del delitto - che hanno inquinato l'inchiesta dall'inizio.

L'assassino di Chiara è dunque stato uno solo. Che la Procura per dare un nome al Dna 35283-114472l sia andata a colpo sicuro verso la contaminazione da laboratorio conferma che gli inquirenti hanno le idee molto più chiare di quanto si sappia pubblicamente. Lo conferma anche la nuova scelta del procuratore Fabio Napoleone: arruolare nello staff dell'inchiesta Cristina Cattaneo, il più grande medico legale italiano, chiamata a rianalizzare i dati raccolti "sia in sede medico-legale sulla vittima, sia sul luogo del delitto".

Non ci sarà bisogno di esumare Chiara, bastano le immagini e gli esami dell'epoca, che potrebbero portare a conclusioni assai diverse: sia sull'orario del decesso, utilizzato finora per incastrare Stasi, sia un elemento ancora più rilevante, e dato finora per certo: quello secondo cui Chiara non si sarebbe difesa dal suo aggressore. Le cose potrebbero essere andate molto diversamente.

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