Dove cenavano i mercanti ora si serve l'avanguardia

Il ristorante più antico d'Italia (275 anni) oggi è guidato dallo chef di Bovolone. È una storia di cadute e rivincite

Dove cenavano i mercanti ora si serve l'avanguardia

Era il 1750 o giù di lì. In piazza delle Erbe, il vero centro di Verona (altro che l'Arena), una dozzina di mercanti avevano l'abitudine di riunirsi in un'osteria per pranzare, chiacchierare e commentare gli affari, forse (ma non è certo) per l'asta del Fantacalcio. Tutti li chiamavano i dodici apostoli, anche se mancava il Cristo. Fatto sta che quell'osteria a un certo punto prese il nome di quella sporca dozzina, in un caso classico di sineddoche onomastica. Nessuno immaginava che fosse in quel momento nato quello che undici quarti di secolo dopo sarebbe stato il più antico ristorante d'Italia. E scusate il disturbo.

Oggi il ristorante si chiama Casa Perbellini 12 Apostoli perché da pochi anni è stato preso in mano da Giancarlo Perbellini, chef e patròn, che lo ha portato laddove non era mai stato, nell'empireo di tre stelle. Il fattaccio è accaduto lo scorso novembre al teatro Pavarotti di Modena, l'annunciatrice ha annunciato (e che altro poteva fare) un quattordicesimo ristorante tristellato ed era quello di Verona. E mai come quella volta tutti furono felici, perché Perbellini lo meritava e lo merita, perché stava per compiere sessant'anni e di solito si arriva alla Cima Coppi della gastronomia più giovani e più in forma (anche se il Giancarlo è un gran bell'uomo, sia chiaro), perché forse non ci sperava più dopo averci contato tanto tra il 2008 e il 2009 quando la cosa sembrava imminente nel ristorante di Isola Rizza. "Chi è - mi spiega - che gioca a pallone e non vuole diventare Baggio? Quando fai questo mestiere e cominci a girare, visiti i ristoranti, conti le stelle, è naturale volertela giocare se senti di avere le carte per farlo. È stata una grande gratificazione".

Perbellini ha una storia tormentata. Nato a Bovolone nel novembre del 1964 da una famiglia di pasticcieri, lascia presto questa disciplina che trova noiosa per diventare cuoco, osteggiato in ciò dal padre ma spalleggiato dal nonno. Gira l'Europa fuggendo da qualche fantasma, si forma alla scuola di Valentino Marcattilii del San Domenico di Imola, che gli dona la tecnica, di Paolo Simeone che gli fornisce la classicità e di Bernard Pacaud dell'Ambroisie di Parigi che, anche a causa delle ridotte dimensioni della cucina, gli insegna la cucina di mercato, quella che ogni sera ha i frigoriferi vuoti perché tutto è stato consumato e quindi l'indomani tutto sarà fresco. Per forza.

Poi Perbellini torna a Verona, anzi nella vicina Isola Rizza, apre la prima Casa Perbellini, prende la prima stella, poi la seconda, poi si trasferisce a San Zeno, nel frattempo lancia locali a Hong Kong, New York, Venezia, sul Garda, sbarca anche a Milano al palazzo Trussardi alla Scala ma la cosa durerà poco (purtroppo per noi). Una storia di ascese e cadute, svolte drammatiche e delusioni. Ma qualche volta (qualche volta) il lieto fine c'è. Oggi Perbellini è un uomo risolto, tre figli che non lavorano con lui ma nell'azienda della famiglia, il terzo fa anche il dj con suo grande cruccio.

La sua cucina è un bellissimo esempio di classicismo intelligentemente modernizzato. A chi dovesse capitare da queste parti consiglio di prenotare alla Chef's table, un tavolo sociale per dodici (indovinate perché) che però consente ai commensali di ritagliarsi anche un po' di intimità. Si trova nella stessa stanza della cucina, ciò che fa della cena uno spettacolo d'arte varia. A questi ospiti speciali (ma lo sono tutti, suvvia) Perbellini propone il menù X12 che segue il percorso degustazione Io e Silvia (uno dei tre "normali" con Storie di casa e l'Essenza) a cui si aggiungono quattro piatti jolly, delle bonus track a sorpresa, che sono anche la possibilità per lo chef di sperimentare nuovi piatti e soluzioni. L'esperienza (mai come in questo caso una parola così spesso usata a sproposito è appropriata) costa 380 euro ma i vini sono inclusi e credeteci: vale veramente la pena, se potete.

Io ci ho mangiato, a quel tavolo, da solo, facendo così per una sera sballare il conto - eravamo in undici - e ricordo cose memorabili come il Wafer di sesamo, tartare di branzino, caprino all'erba cipollina e sensazione di liquirizia, cucchiaio bagnato con uno sciroppo di liquirizia, vero piatto simbolo dello chef; come il francamente sublime, nella sua semplicità, Pomodoro al barbecue, gel di aceto di sedano, bernese alla senape; come lo Gnocco di patata e spuma di patata e bottarga (ma quanto è bravo Perbellini con gli ingredienti proletari?); come il Fusillone Cavalieri al dente, acqua di vongole, bisque di crostacei con polvere di limone bruciato; come l'Anatra cotta al barbecue, caramello di albicocca, succo di rucola.

Il bello di una serata alla Chef's table di Casa Perbellini è che prima o dopo la cena il padrone di casa porta tutti i commensali a spasso per i sotterranei del locale, dove ci sono testimonianze di epoca romana e medievale. Ma più bella ancora è la storia del locale che lui ti racconta, quella della famiglia Gioco che per circa un secolo è stata l'anima di questo posto, e soprattutto di Giorgio Gioco, il figlio di Antonio che rilevò il locale nel 1920, che nel dopoguerra lo trasformò in un cenacolo culturale (qui erano di casa Orio Vergani, Dino Buzzati, Indro Montanelli) che è tuttora testimoniato dalla collezione di penne d'autore che viene lustrata e raccontata: sono state impugnate da Federico Fellini ed Ezra Pound, da Maria Callas (che a Verona era di casa) e Leonardo Sciascia, da Lech Walesa e Giuseppe Guareschi. Giorgio Gioco era un tradizionalista, un talebano, per lui i 12 Apostoli non avrebbero mai dovuto lasciare la strada del mangiar rustico ma onesto.

Si dice che quando dopo mille vicissitudini il 12 Apostoli tornò nelle mani del nipote Filippo, che lo trasformò in un locale fine dining e si mise in casa uno chef molto bravo, tal Mauro Buffo, il nonno disse: "Era meglio se ci faceva un deposito di biciclette". Figuriamoci che direbbe ora, che sul cielo dei 12 Apostoli brillano tre stelle tre.

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