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"Le falsità sul mio amore per Vattimo"

Il compagno del filosofo: "Ironico fino alla fine, prima di morire gli ho letto una canzone di Guccini"

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«Mi scusi, di solito ho una voce baritonale. Ma da ieri sera (martedì, ndr) ho una tosse nervosa, rantolo come una Cinquecento». Ci sono un sacco di cose che uno non si aspetterebbe da Simone Caminada, brasiliano, 40 anni, assistente e compagno del filosofo Gianni Vattimo scomparso martedì sera a 87 anni all'ospedale di Rivoli (Torino): tra queste la erre arrotata, e un'ironia alla Vattimo. Oltre al fatto che lo disturbiamo mentre parla con le pompe funebri per organizzare il funerale del professore (sabato alle 10 nella chiesa di San Lorenzo in piazza Castello a Torino) si scusa, ci dice che ci richiamerà e... ci richiama.

Come sta Simone?

«Gianni ha sempre detestato svegliarsi al mattino, mi chiedeva un minuto in più ogni volta. Allora lo tiravo giù dal letto cantando. Un mio must era Il lamento per la morte di Pasolini di Giovanna Marini (lo intona al telefono, ndr). Con quello si saturava la sua capacità di sopportazione e si tirava in piedi. Gli cantavo anche le canzoni della mala o gli leggevo i testi su internet. Uno anche l'ultimo giorno in ospedale. Sono queste le cose su cui poi piangerò veramente tanto. Le più intime e le più stupide».

Qual è l'ultima canzone che gli ha letto?

«I fichi di Guccini. Perché in stanza con lui c'era un signore a cui la moglie aveva portato dei fichi».

Chi c'è con lei, adesso?

«Mia madre, che è stata l'angelo di Gianni quando io mi sentivo vigliacco per la fatica di vederlo così. Stava con noi in ospedale dalle 6 del mattino alle 20 di sera, andava a prendere chi voleva venire a salutarlo... E c'è Franco De Benedetti, un grande amico che non lo ha mai abbandonato ed anzi eccolo, mi scusi è arrivato proprio ora».

Sua mamma viveva con voi?

«No. Ma è stata preziosa. Lunedì sera, ha salutato Gianni dicendogli Ci vediamo domani, lui ha avuto la forza di fare segno di no col dito. Era di una straordinaria autoironia Gianni, come quando mi diceva, Se muoio prima io cosa scriviamo nell'ultimo messaggio? Scrivi Beh... Ero debole. È quello che ho messo su Instagram e gli haters mi sono piovuti addosso».

Che parenti aveva il professore?

«Una su tutti la cugina Paola, che mi ha dato carta bianca e piena fiducia anche per organizzare il funerale. Non vuole interferire».

Ma allora tutte queste insinuazioni sull'eredità e sul suo conto?

«Certi giornali di sinistra, anche nella morte, hanno schizzato odio nei miei confronti negando dignità all'uomo Vattimo. Possono descrivermi come brutto, sporco e cattivo ma io sono una persona mite».

Da dove sono nate le accuse e la condanna, poi sospesa, per circonvenzione d'incapace?

«Da una geriatra che non è mai stata né geriatra né amica di Gianni, Flavia Longo, l'abbiamo vista di rado. Ci era stata presentata da una psicologa, Maria Luisa Quaini, alla quale ho dato molto fastidio. Era lei che lo faceva sentire depresso, lo voleva sempre per terra. Io spiegavo a Gianni che avrebbe dovuto tenere il controllo del suo patrimonio almeno finchè fosse stato in vita. Gianni è sempre stato diretto dalle donne, a partire da sua madre e da sua sorella, è rimasto orfano di padre a 2 anni e poi è diventato l'uomo di casa. Anche le morti dei suoi due ex compagni lo hanno prostrato. Gianni ha sempre avuto bisogno di essere pilotato, ma non in senso passivo: aveva bisogno di punti fermi».

Tipo lei?

«Quest'anno avremmo festeggiato i 14 anni insieme: un terzo della mia vita. Quando ci siamo conosciuti, io navigavo a vista. Arrivavo a Torino dopo uno spettacolo con i bambini dello Zecchino d'oro. Ci conosciamo con amici, inizio a sostituire il suo autista e poi durante i suoi viaggi in Val di Susa per i movimenti No Tav, poi Austria, Germania... ci avviciniamo sempre più».

E siete diventati una coppia, il professore le ha lasciato tante cose, resterà nella casa in cui stavate vivendo?

«Lo sanno tutti cosa c'è in quell'eredità, nella polizza vita (da 450mila euro, ndr) di cui sono beneficiario al 40%, nel tesoretto (orologi, opere d'arte, quadri, il taccuino di Fidel Castro, ndr). Vedremo il dafarsi, come per la casa».

Vi hanno impedito due volte di sposarvi.

«La seconda con la sindaca di Occimiano, Valeria Oliviero, è stata comica. Dovevamo solo portare le carte per il matrimonio, quando ha visto Gianni è impazzita di gioia. Ma ha ritenuto che lui reagisse troppo poco alle sue feste, ci ha trovato qualcosa di strano e ha annullato tutto».

A febbraio è stato condannato a due anni. Cosa rischia?

«L'annoiamento più totale. La pena è stata sospesa perché sono stato accusato di essere in potenza di commettere il reato, non di averlo commesso. Cinque anni di sofferenze inutili».

Cosa farà adesso?

«Sono disoccupato. Ma in tanti mi chiamano per tenere viva la memoria di Gianni, convegni in Argentina, borse di studio a suo nome a Napoli, a Madrid...

Gente che mi riconosce come il suo compagno».

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