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La foto di Meloni bruciata a Torino. Ora lo sciopero "contro il genocidio"

Il corteo pro Gaza si chiude con il rogo di un poster della premier. E nel prossimo weekend, la protesta di Cobas e giovani palestinesi

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Un poster di Giorgia Meloni, e uno di Benjamin Netanyahu, sono stati bruciati ieri, a Torino, da alcuni attivisti alla manifestazione anti-Israele a cui ha partecipato un migliaio di persone. Un corteo concluso in centro col «rogo» dei premier.

Sale la tensione nel mondo antagonista, e già nei prossimi giorni si rischia il «bis». «Blocchiamo tutto, blocchiamo il genocidio» urlano i Giovani palestinesi, proponendo uno sciopero per venerdì prossimo. «Sciopero generale per fermare il genocidio», rispondono i Cobas annunciando la loro adesione. E insieme, per il giorno dopo, preparano una manifestazione di piazza. Anti-Israele, ovviamente. La «solita» marcia, che oltre ai sindacati di base ai giovani arabi vedrà sfilare il consueto circo di autonomi disobbedienti, centri sociali e giovani protestatari. Una manifestazione ammantata da un carattere «nazionale», stavolta.

Ha grandi velleità il fronte pro-Gaza, e la mobilitazione del prossimo fine settimana fa segnare un passo avanti nella singolare saldatura fra estrema sinistra e mondo arabo-islamico.

L'idea è partita a fine gennaio. Due settimane dopo è arrivato il comunicato della Confederazione unitaria di base: «Fermare il genocidio - si legge - Questa la parola d'ordine della mobilitazione indetta dai sindacati di base raccogliendo l'appello dei Giovani Palestinesi che proponevano di realizzare una mobilitazione anche ricorrendo a forme di sciopero per il 23 febbraio e una grande manifestazione nazionale a Milano il 24 all'unisono con quelle che si terranno in numerosi paesi di tutti i continenti».

E in effetti è impressionante l'omogeneità delle parole d'ordine che risuonano nelle piazze d'Italia (e non solo) fin dai giorni successivi al 7 ottobre. L'opinione pubblica era ancora scossa dalle atrocità commesse da Hamas, nessuno (o quasi) osava pronunciare altre parole che non fossero di condanna dell'azione terroristica e di solidarietà per vittime e gli ostaggi, eppure il mondo anti-Israele già fremeva: prima con le bandiere sui social e la soddisfazione trattenuta a fatica nel giorno dell'attacco, poi coi volantini deliranti di esaltazione dei raid e gli slogan su una «Palestina dal fiume al mare» (quindi senza più lo Stato ebraico, scenario evocato del resto nei simboli di questi gruppi), infine con la richiesta di un «cessate-il-fuoco». E ora con questo «stop al genocidio».

Ancora più impressionante è notare la stessa uniformità di parole d'ordine a livello continentale. Una rassegna completa delle iniziative tenute in questi mesi nelle città europee si ritrova fra l'altro nei social di Majed Alzeer, attivista che secondo un rapporto degli apparati tedeschi citato da alcuni giornali come Der Spiegel e The Times, è il punto di riferimento di Hamas in Europa. In tutte queste manifestazioni, rilanciate ed enfatizzate da Alzeer, gli slogan erano praticamente identici. Ovviamente Alzeer nei mesi scorsi ha condiviso i video sui cortei di Milano, Roma e Napoli.

E ieri nella sua pagina si potevano vedere proprio le immagini del corteo di Torino.

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