Giustizia, mafiosi in cella e mano tesa alle Procure

Primi decreti: messo al riparo il carcere ostativo. Meloni: "Sono fiera che sia la nostra prima legge"

Giustizia, mafiosi in cella e mano tesa alle Procure

Due interventi d'urgenza, su carcere ostativo e rinvio della riforma Cartabia sul processo penale, sono il primo passo del governo Meloni in materia di giustizia.

Questo primo decreto, che la premier definisce «molto importante e simbolico», contiene anche misure sull'obbligo di vaccinazione anti-Covid e contrasto dei raduni illegali. Il segnale è chiaro: linea dura e rispetto della legalità.

«Nessun passo indietro nella lotta alla mafia», dice Giorgia Meloni alla conferenza stampa che segue il consiglio dei ministri. E spiega che sul carcere ostativo si è voluto evitare che «per incapacità della politica venisse meno uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla criminalità organizzata», augurandosi che ci siano miglioramenti in Parlamento del testo, in sede di conversione in legge. Ma, proprio per rispetto del lavoro già fatto dalle Camere, si partirà dalla norma così come è stata votata da tutti i partiti, con la sola astensione di Fdi. «Sono fiera del fatto che il primo provvedimento del governo contenga una norma per il contrasto della criminalità organizzata» ha detto il premier.

Meloni a questo punto fa una battuta, riferendosi ad un possibile disaccordo con il titolare della Giustizia, di cui ha scritto qualcuno sulla stampa. «Come vedete, ho anche tolto il bavaglio al ministro Nordio», aggiungendo che «non ci sono stati problemi in consiglio dei ministri».

Poi la parola passa al Guardasigilli e lui parla di «giornata importante», spiegando che sul carcere ostativo le criticità segnalate dalla Corte costituzionale sono legate all'«automatismo tra un certo tipo di condanne e l'esclusione dai benefici di legge, che ora non ci sarà più perché sarà il giudice a valutare la possibilità di accedervi». Ma, sottolinea, questa norma «non compromette la sicurezza e la certezza della pena. Si tratta di adeguarci alle indicazioni della Corte e di recepire l'indicazione del precedente Parlamento che aveva proposto questa modifica». L'ergastolo ostativo riguarda 1259 detenuti, il 70 per cento degli ergastolani, ed è una delle misure nella lotta alla mafia volute da Giovanni Falcone nel 1992: prevede che i condannati per reati gravi, come mafia, terrorismo e associazione per delinquere per traffico di droga, non possano ottenere permessi premio o lavoro esterno, se non collaborano con la giustizia, dimostrando il loro ravvedimento. Per la Consulta, però, c'è un contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il Parlamento ha avuto un anno e mezzo per cambiare la legge ma l'iter non era completo e l'8 novembre la Consulta poteva cancellarla, mentre a questo punto valuterà il nuovo decreto legge.

Urgente è anche il secondo provvedimento, che rinvia al 30 dicembre l'entrata in vigore della riforma del processo penale. Meloni sottolinea che si è venuti incontro alle difficoltà per il funzionamento delle nuove norme segnalate in una lettera da tutti e 27 i procuratori generali d'Italia. «Si è voluto impedire - spiega il capo del governo- che per problemi della politica potessero uscire dal carcere detenuti anche per gravi reati. Sarebbe stato un segnale diametralmente opposto a quello che questo governo vuole dare». Meloni respinge le critiche da sinistra sul fatto che il rinvio possa far saltare gli impegni del Pnrr. «Invece - dice- non cambia nulla, ci siamo solo presi 2 mesi per dare più tempo agli uffici giudiziari e al Parlamento per valutare in sede di conversione in legge».

Il ministro Nordio, ex procuratore aggiunto a Venezia, ricorda: «Avendo per 40 anni esercitato in prima linea come pm conosco bene le difficoltà delle procure. Abbiamo deciso di accogliere il loro grido dolore per l'impossibilità di adeguare la loro operatività alle risorse disponibili. La normativa rinviata va nella giusta direzione ma sarebbe stato impossibile organizzarci in tempo se fossimo partiti subito, garantendo i flussi informativi previsti tra pm e procure generali. Sarebbe stato un sovraccarico intollerabile per entrambi».

Per il Guardasigilli «non ci sarà nessun impatto negativo con il Pnrr, anzi correremmo altrimenti il rischio che la riforma ci si sciolga in mano, anche per la confusione normativa dovuta alla serie di circolari, non sempre compatibili tra di loro, emanata dalle varie procure in allarme per l'applicazione della riforma».

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