
Tutti alla corte di Donald Trump. Anche Hamas ripone adesso le uniche speranze di un'eventuale tregua nel presidente americano. Come le famiglie degli ostaggi israeliani, convinte che ormai solo il capo della Casa Bianca possa convincere il primo ministro Benjamin Netanyahu a un cessate il fuoco, così anche il gruppo terroristico palestinese ha deciso di puntare sul leader statunitense. E lo ha fatto inviandogli una lettera personale, scritta a mano, in cui chiede a Mister President di fare da garante per una sospensione dei combattimenti di 60 giorni nella Striscia di Gaza, in cambio della liberazione della metà degli ostaggi (che sono in tutto 48, di cui meno di venti si reputa siano ancora vivi). Secondo Fox News - che ha diffuso la notizia (poi confermata anche da fonti del Times of Israel) dopo aver parlato con un funzionario senior dell'amministrazione americana e un'altra fonte addentro ai negoziati - la lettera "personale" sarebbe in questo momento nelle mani del Qatar, il Paese che fino al 9 settembre ha mediato fra Israele e Hamas, ma che ha congelato il proprio ruolo e così anche le trattative dopo l'attacco israeliano compiuto in quella data a Doha, la capitale qatariota dove erano riuniti i vertici dell'organizzazione palestinese. L'emirato aspetterebbe ancora delle scuse dal governo israeliano per la violazione della propria sovranità. La lettera dovrebbe essere consegnata al presidente alla fine della settimana, sette giorni importanti, mentre al Palazzo di Vetro di New York la causa a favore dello Stato palestinese sta prendendo sempre più campo. Oggi, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Trump avrà incontri con i leader di sei Paesi arabi e musulmani. Secondo Axios, si tratterebbe di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania e Turchia, con i quali intenderebbe discutere della situazione in Medioriente, proprio alla luce dell'attacco israeliano in Qatar, che ha anche minato la fiducia negli Stati Uniti dei suoi alleati musulmani.
Il conflitto prosegue sanguinoso nella Striscia di Gaza, dove è in corso l'offensiva su Gaza City. Almeno una quarantina di persone sono state uccise, nonostante le parole di Papa Leone XIV, che chiede il cessate il fuoco e parla di "fallimento" e "sofferenza ingiustificabile". In città, dove sono stati chiusi due ospedali, restano ancora 450mila civili, ma il premier Netanyahu - in occasione del Capodanno ebraico ieri - ha spiegato che il prossimo sarà un anno storico per la sicurezza d'Israele e che nella "lotta in cui stiamo prevalendo sui nostri nemici" si punta adesso al grande obiettivo: "Dobbiamo distruggere l'asse iraniano", oltre che perseguire gli scopi già prefissati, cioè la completa eliminazione di Hamas, la liberazione degli ostaggi, e la sicurezza che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele.
Proprio Hamas non smette di usare i suoi metodi brutali anche contro i civili palestinesi. I miliziani palestinesi hanno ucciso a colpi d'arma da fuoco tre gazawi fuori dall'ospedale Shifa di Gaza City perché sospettati di collaborare con Israele. Durante i combattimenti, in un attacco nei campi profughi nella Striscia di Gaza centrale, le Forze di difesa d'Israele (Idf) hanno ucciso Iyad Abu Yousef, vice comandante della polizia navale di Hamas.
Secondo l'esercito, Yousef ha preso parte al massacro del 7 ottobre, ha pianificato imboscate contro le forze israeliane durante la guerra ed è stato coinvolto nella messa in sicurezza dei beni dell'organizzazione terroristica nella Striscia di Gaza. Colpita a Gaza City la struttura militare da cui il giorno prima, 21 settembre, i terroristi hanno lanciato due razzi verso le aree di Lakhish e Ashdod, in Israele.