
È un giorno importante, non solo per lei. Liliana Segre oggi compie 95 anni, ma non sarà una ricorrenza festosa. Messaggi di auguri stanno già arrivando. Come quello del Memoriale della shoah di Milano: "La sua forza e il suo esempio - si legge - sono da sempre una forte luce che accompagna nel presente questo luogo e ne ispira il cammino". Ma non sono previste celebrazioni ufficiali. La senatrice a vita trascorrerà una giornata dedicata agli affetti familiari a Pesaro, città che le è cara, con figli e nipoti. Chi la conosce, conferma che Liliana resta "forte nella sua tempra e nelle sue convinzioni ideali", anche se provata da un momento non certo gioioso.
Nata a Milano il 10 settembre 1930, testimone vivente degli orrori della Shoah, per quest'opera nominata da Sergio Mattarella il 19 gennaio 2018 - anno dell'ottantesimo delle leggi razziste - oggi Segre si staglia come un riferimento morale del Paese in un passaggio che, sul piano globale, è carico di incognite, segnato dal dramma della guerra in Medio oriente e dal ritorno - in Europa - dell'antico virus dell'antisemitismo. Sono stati mesi difficili, per lei, e l'hanno anche provata moralmente. Nell'ultima intervista, a La Repubblica ha parlato della "amarezza smisurata" in cui è chiusa. Una prima dolorosa sensazione è che le lezioni della storia non siano state comprese, ed è particolarmente amara per lei, oggi una "nonna" (come ama definirsi) nel 1944-45 sopravvissuta ad Auschwitz con altri 25 bambini italiani (su 776 deportati).
Le vittime degli attacchi del 7 ottobre, le vittime della guerra a Gaza. I bambini soprattutto. Questo vede, addolorata, Liliana. Il terrorismo "mostruoso" di Hamas da un lato, e dall'altro Israele, "sull'orlo dell'abisso", che affida la sua reazione a una forza cieca con "il rischio di arrivare all'indicibile". "Straziante". Eppure è ferma, la senatrice, nelle sua convinzioni, per esempio nel non assecondare l'abuso, della categoria "genocidio", scagliata con fare ossessivo e compiaciuto contro Israele, anzi contro il popolo ebraico, quasi a sottolineare un contrappasso che cancelli tutto, affibbiando le responsabilità di oggi alle vittime di ieri. Ed è ferma nel richiamarsi alla necessità di prospettive di pace in cui due popoli vivano uno accanto all'altro. Per questa fermezza morale da molti è amata e da qualcuno tirata in ballo a sproposito, attaccata e a volte insultata. Ciò non ha fatto altro che indurla a evitare con cura ogni occasione di strumentalizzazione. Ma resta il dovere della memoria, a cui dare un futuro.
Il 20 settembre - le sta molto a cuore - sarà celebrata la "Giornata degli internati militari italiani" (tra loro il marito, Alfredo Belli Paci) e poi - nel 2026 - la convention dell'Alleanza parlamentare contro l'odio, da preparare con cura. Perché memoria è sempre.